12 FRANCS – Artisti francesi in Italia – Il Melograno Art Gallery
12 FRANCS
Expo Italie
Artisti francesi in Italia
Les artistes français en Italie
Il Melograno Art Gallery
Livorno
26 settembre – 9 ottobre 2015
Sabato 26 settembre 2015, alle 18.00, alla galleria Il Melograno, in via Marradi 62/68 a Livorno, si inaugura ”12 FRANCS”, rassegna che riunisce in Italia 12 artisti francesi
Saranno esposte le opere di
Jean François Bouron, Yvana Duchene, Louise Dumont, Didier Goguilly, Elodie Huré, Aurore Lephilipponnat, Philippe Massis, Pascale Morel, Alain J. Richard, Angel Roy, Jean Marie Salanié,Trëz
In mostra opere raffinate e di grande fascino, in piccolo formato, su carta o su tela.
Samedi, 26 settembre 2015, 18h00, à la galerie Il Melograno, rue Marradi 62/68 à Livourne, en Italie, ouvre l’exposition des arts visuels
12 FRANCS
En expo in Italie:
Jean François Bouron, Yvana Duchene, Louise Dumont, Didier Goguilly, Elodie Huré, Aurore Lephilipponnat, Philippe Massis, Pascale Morel, Alain J. Richard, Angel Roy, Jean Marie Salanié ,Trëz
L’exposition sera ouverte jusqu’au 9 octobre, 10/13 et 16/20. Fermé le matin du dimanche et du lundi.
La mostra è ideata e prodotta da
Il Melograno Art Gallery
Via Marradi 62/68 Livorno (Italie)
Jean Francois Bouron
Originario della Corea, vive adesso a Parigi. Ha esposto negli ultimi anni a Parigi, Berlino, Londra, Abu Dhabi. Autodidatta, dipinge da sempre e l’arte è per lui un bisogno primario. “Per me la pittura è un mezzo per sfuggire la realtà..” Lavora costantemente sulle tele alla ricerca di un’identità che dichiara di non aver ancora trovato. Al centro della sua attenzione è la figura umana che rappresenta con toni scuri e drammatici alla ricerca delle passioni e dei sentimenti più nascosti.
Trëz vive e lavora a Parigi.
Le sue opere abbracciano la fotografia, la pittura, la scultura e i video. La ricerca ruota attorno al corpo e alla mente e i suoi lavori combinano Materia e Spirito. Le sue composizioni sono caotiche sovrapposizioni di corpi e architetture, in una complessa stratificazione. La rappresentazione di una realtà vista come una miscela di eterogeneità che si sovrappongono e si accumulano le une sulle altre e nella quale è difficile vedere ciò che si cela dietro la superficie.
Philippe Massis vive a Parigi, dove è nato nel 1942
Sposato, ha 3 figli: Stephan, Laura e Hugo
Dopo gli studi al famoso collège des “Roches”, dove si sente chiuso in una gabbia dorata, passa brillantemente il concorso des arts décoratifs et des métiers d’art a Parigi. Sceglie poi la scuola des Métiers d’Art divenuta oggi il famoso Musée Picasso (Ancien Hôtel Sallet). Dopo aver conseguito brillantemente il diploma, con un colpo di testa mette su un’agenzia di grafica dal nome “48 Publicite” nel cuore di Saint Germain di fronte all’ Atelier di Man Ray. Lavora quindi per il cinema (Herzog Aguirre ,Liliana Cavani, Alessandro Jodoroski “ La montagne sacrée” , Marguerite Duras, i Monthy Python…..) e per i più grandi nomi della moda .
E’ stata la più bella storia della sua vita, durata 30 anni e percorsa insieme all’amico e grafico fuori del comune Sammy Mory. Non si separeranno che nel 2000 quando Philippe decide di abbandonare tutto per dedicarsi alla sua passione più profonda: la Pittura.
Si succedono quindi le mostre; New York, Pietroburgo, La Havana, Parigi.
Si ispira a Bosh, Rodin, Schiele, Klimt, Vuillard, De Chirico.
Preso dalla pittura e dalle donne ( è impegnato politicamente per la difesa dei diritti delle donne) fa passare questo messaggio in un grande murale in bianco e nero che sarà esposto nella sua prossima mostra a Berlino.
In esposizione a Livorno 6 opere della serie “I Sette Vizi Capitali”
<< La pittura di Philippe Massis ? La guardo con l’occhio deformato di un ammiratore folle. Stentare a trovare il godimento è cosa sconosciuta davanti alle sue tele. Il pennello se la ride della prudenza, rifiuta la ripetizione, disorienta la retina, insegue gaiamente la luce. Tutte le sue facezie finiscono per donare qualcosa che si guarda con stupore. Massis proibisce la noia, sconquassa le nostre abitudini visuali, fa baldoria quando gli altri fanno i paciocconi. Non si adagia sul lavoro fatto. Contagia con la gioia di snidare ciò che ancora vive in ciò che si pensava spento, fiacco, senza brio. Questo bel tipo dipinge in simpatia con chi avrà sufficiente stravaganza per vivere con le sue tele. Contemplarle a lungo distende lo spirito, rende attenti al reale. Inutile sprecare piscine d’inchiostro per lodare questo allegro stregone, festaiolo, irresistibilmente legato al buonumore. Abbiate in voi abbastanza autentica giovinezza per poterlo ammirare! >>
Alexandre Jardin, écrivain
Aurore Lephilipponnat è una giovane artista francese di Trans en Provence che abbiamo avuto già il piacere di presentare al pubblico italiano a partire dal 2012. In questa occasione saranno esposti lavori su carta, realizzati con fusaggine, grafite, inchiostri.
Con questa parole descrive se stessa e il proprio lavoro:
“Noi siamo il frutto dei nostri incontri, di ciò che ci interessa, ci ispira, ci spiace. Siamo la somma di tutte le cosa che si accumulano nella nostra vita. E così produciamo e riproduciamo l’insieme degli elementi di cui siamo imbevuti.
In questo lungo cammino che è l’esistenza, il pennello mi è venuto incontro come strumento di espressione, di dissezione, di contemplazione del mondo che mi circonda. Una barriera tra il reale e l’immaginario, uno scudo contro la violenza, la brutalità, e ogni sorta di colpi che si piantano come coltelli nella fragilità dell’ anima.
Ogni cosa che si apre alla vita, torna alla terra, all’humus, e restituisce il suo mantello di piume, adorno di ori e maschere grottesche, alla Terra fonte originale della vita stessa. Le vene sulle mani sono reti grondanti filamenti organici e spugnosi, nelle quali l’inchiostro diviene padrone. Lasciarsi andare, in una rapida occhiata alla natura della vita : incostante, vera, pura, incontrollabile.
Così la pittura è una via di fuga dalla sofferenza, una negazione dell’apparire, una protezione, una copertura, una alcova amniotica, una introspezione nell’intimità dell’Io, uno sguardo contemplativo dal profondo verso ciò che sta fuori.”
Aurore Lephilipponnat
Pascale Morel ha studiato all’Ecole Municipale des Beaux-Arts di Troyes, presso la quale insegna dal 2007, e all’atelier Met de Penninghen Académie Julian Paris. Dal 2000 al 2011 ha esercitato la professione di psicoanalista.
“ Cosa mi dice la pittura: paesaggi informali o luoghi d’origine della pittura? Dipingo sulla tela perché la superficie delle caverne è rara oggigiorno. Mi sforzo, sull’orlo dell’abisso. Penso in tutta imbecillità, dentro un non-sapere. Devo senza posa perdere, spogliare, allarmare, risvegliare. Costruire, disfare. C’è una spinta, la percezione cercata di un legame con l’universo, la materializzazione di una diversità, l’estrapolazione, la vertigine.
Il tema iniziale, il paesaggio, fu senza dubbio un pretesto per partire. Lotto contro la volontà del tutto cosciente di esprimere un’emozione, uno stato d’animo. Ho un bisogno folle d’inventare, dolce pazzia o orgoglio smisurato?
Mi pare che la pittura debba grattare la superficie e condurre irresistibilmente all’origine della creazione stessa.
Luogo di smarrimento voluto, un precipitare in uno spazio aleatorio, ove talvolta emerge un tramite, una passerella, il luogo abitato-disabitato che collega l’uomo all’universo.
La pittura, soglia tra la solitudine e l’incontro, è più che mai un atto di amore e di resistenza. La pittura mi ha coinvolto. E’ la mia pelle e in essa ora cerco il corpo. ”
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Questo testo, scritto per l’uscita del mio primo catalogo, si concludeva con l’argomento del corpo della pittura. Facevo allora ciò che può essere definito come arte astratta, al limite del segno, nella suggestione la più discreta.
Nel 2010 terminavo la mia ultima tela cosiddetta astratta e questo per più motivi. La pittura mi indicava il cammino precipitandomi nel vuoto, e interrogandosi attraverso il mio gesto, mi indicava possibili strade senza uscita, compresa la propria sparizione, la sua inutilità o la sua assenza.
Temevo, e temo tuttora, di ripetermi. Voglio continuare ad interrogarmi, ad avere dubbi.
Ho pensato di dover correre il rischio di dire di più, di abbandonare il segno e rischiare la forma, a costo di mostrare: ecco dove dovevo trovare l’impegno vinto il timore di essere troppo eloquente. Non restare al limite del mondo ma accettare di penetrarlo, di affrontare la questione con coraggio, dando corpo alle proprie visioni. Una posizione etica nel dipingere.
Tento di collegare il mio lavoro all’altro, a ciò che vive. Cercando la sostanza della pittura dall’interno. L’animale, nella sua carne anonima, metafora dell’aspetto nascosto dell’artista, come della condizione di tutti gli esseri viventi.
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Il mio lavoro di pittrice mi ha condotto a interrogarmi sulla responsabilità dell’artista (ce n’è una possibile?) all’interno di società che vanno a grande velocità. Non si tratta di una posa ma di un interrogativo radicato in me ed è la pittura stessa che mi ci conduce perché, dopotutto, qual è il suo scopo? Non è questione di decorare un muro sopra ad un divano, è questione di vivere con la pittura
La pittura esiste ancora oggi? E dove è? Qual è oggi il pensiero che la sostiene? Che cos’è l’arte concettuale? L’arte delle parole e del marketing? Un avatar duchampiano, un’impostura o il riflesso di una società in mutazione? A cosa serve? Ad ingannare la morte?
Mi pare che la pittura, l’arte, sia un’assenza e non uno specchio o il mezzo per ottenere un minuto di celebrità, un puro e semplice annullarsi, dedicato all’altro, in un atto di generosità. A chi non porta nomi, a qualcuno di sconosciuto.
… “Du côté du fléau” (Albert Camus) je ne veux me trouver...
Pascale Morel
Alain J. Richard vive a Sompt, una cittadina vicino Niort dove è nato nel 1959.
Artista autodidatta, espone dal 1988.
“Alain J. Richard lavora sul tema del corpo e della sua sofferenza. Affascinato dal confine tra interno ed esterno, apre la carne o addirittura la annulla ed esplora come un chirurgo o un radiologo la meccanica interna dei corpi, la ricrea liberamente, talora aggiungendo strane protesi che paiono pastoie più che sostegni.
Fragile e stropicciato, il supporto in carta da pacchi, alquanto inconsueto, rimanda alla pelle dei personaggi. Se il colore brunito dei pigmenti utilizzati richiama l’inchiostro invecchiato dei disegni del Rinascimento, le sorprendenti deformazioni dell’anatomia allontanano i suoi lavori dall’osservazione scientifica e naturalistica. Non è alla comprensione del funzionamento del corpo che tende il suo lavoro, ma all’espressione, attraverso il mezzo plastico, della sofferenza fisica e psichica.
Questi corpi crocifissi, scuoiati, echi moderni di Cristi in croce, martiri di santi e danze macabre, che furono per molto tempo i soggetti principali dell’arte occidentale, si allontanano da questa tradizione per i loro dettagli immaginari e espressionisti che suggeriscono un universo inquietante nel quale i corpi si disintegrano, si dissolvono, cessano ogni resistenza.”
Raphaële Carreau , Attachée de conservation des musées de Chaumont.
ANGEL ROY
Nato a Parigi nel 1975, Angel Roy si definisce prima di tutto un autodidatta. “ Il mio percorso scolastico è stato minimo, e non ho fatto scuole. Ho fatto, è tutto. Mi approprio di strumenti e materiali allo scopo di mostrare l’essere umano non tanto come individuo quanto come macchina . Amo mettere in risalto i suoi organi con le ramificazioni, le connessioni, per dargli un altro aspetto.
<<Il suo lavoro mescola l’arte con l’anatomia. L’uomo diviene un essere biomeccanico, totalmente o parzialmente reinventato. E’ un modo sottile e poetico di sottolineare il destino stesso dell’Uomo: la morte. >>
Mi ispirano le tavole anatomiche così come molti clichés fotografici legati al contesto sociale o culturale. Ed è vero che amo mettere gli spettatori di fronte all’idea della morte, quando la società preferisce invece dimenticarla.”
Angel Roy inizia il suo percorso negli anni ’90 in diversi squat artistici parigini. Nuota allora nelle emergenti culture hip-hop e électro. I muri dei locali diventano un supporto pittorico ideale. In parallelo organizza varie serate culturali nelle quali mette in connessione musica elettronica, arte e artigianato. “ In quel periodo mi sono aperto a tutte le forme di espressione artistica: pittura, musica électro, la grafica, il tatuaggio, la decorazione d’interni…”
Negli anni 2000 Angel Roy va a vivere in Bretagna, dove in un primo tempo continua a proporre i suoi eventi e la sua attività D.J. Poi si orienta verso qualcosa di più commerciale e realizza tatuaggi all’ henné nei mercati estivi nei quali propone anche i suoi bijoux.
Nel 2005 diviene membro attivo di un collettivo di artisti a Rennes e si consacra allora alla sua ricerca sul corpo umano attraverso la scultura, la pittura e la grafica. Le sue sculture prendono l’aspetto di esseri ibridi in processo di mutazione, come testimonia “La Femme-Poisson”.
Nel 2008 ritorna a Parigi e, date le nuove condizioni abitative, si dedica alla grafica e alla fotografia “ così posso continuare a creare senza ingombrare il mio miniappartamento!”
Nel 2010 si reca per la prima volta a New York e si lascia incantare dal suo fascino. Ecco allora reinterpretazioni della città in opere che combinano grafica e fotografia. New York diviene sia soggetto che elemento decorativo.
“Attualmente questa città è per me fonte inesauribile di ispirazione, sia per la sua architettura, per la sua storia, il modo di vivere della gente, sia per tutta l’energia creativa che sprigiona.”
DESCRIPTIF
Il mio lavoro è il risultato di una relazione tra grafica e fotografia. Utilizzo la fotografia come materiale, come base di partenza. La grafica è lo strumento che mi permette di dare altre forme al materiale. E’ attraverso la grafica che reinterpreto i codici classici del ritratto e del paesaggio.
Nei miei collage l’anatomia scompiglia le immagini levigate dei corpi fotografati. Considero l’essere umano non come un individuo,ma come una macchina in movimento, e amo mettere in evidenza i suoi organi vitali, i suoi meccanismi, le sue ramificazioni, le sue impronte, i suoi segni.
E’ su questo stesso metodo compositivo, che lega la grafica alla fotografia, che lavoro il paesaggio, e specialmente il paesaggio urbano che rappresenta le metropoli. Modifico l’architettura e lo spazio così come modifico l’essere umano. La grafica mi permette di riposizionare l’immagine in un contesto particolare, storico, sociale o culturale o di creare una visione totalmente immaginaria.
ANGEL ROY
Jean-Marie Salanié è nato nel 1960 e vive e lavora a Saubion, nella regione dell’Aquitania. Si è formato a Parigi presso l’ Ecole Nationale Supérieure des Arts Décoratifs e dal 1988 si è consacrato interamente alla sua arte.
La pittura di Jean-Marie Salanié è indubbiamente drammatica. Troviamo porzioni di corpi, grovigli di carne, ferite aperte e interiora. Uno scavare all’interno per liberare ciò che è costretto, per cercarne la forza vitale. Le carni così assemblate paiono pronte per un sacrificio, sottratte alla condizione profana per assurgere alla dimensione del sacro. E l’alto potenziale angosciante delle immagini si stempera lasciando un’impressione di purezza e armonia.
Alla galleria Il Melograno saranno esposte 7 storie, realizzate con inchiostri su carta:
Histoire d’Eau, Histoire d’Air, Histoire d’Aime, Histoire d’Elle, Histoire d’Eux, Histoire d’X, Histoire de Cul
Premi e riconoscimenti:
Prix de la ville : St Jean de Luz, Montauban,Dax, Talence, Blanquefort, Boucau, St Loubès, Cestas
Prix du Conseil régional : Montauban.
Grand prix de la ville de Gier.
Médaille de la ville : Puy en Velay
Premier prix de peinture : St Martin Lacaussade
Diplôme Esprit de création et de recherche : St Barthélémy d’Anjou.
Diplôme d’honneur, prix de la ville: St Gaudens.
Prix jeune peinture : Luchon.
Premier prix concours de dessin Canson.
Didier Goguilly
Pittore, disegnatore, fotografo, è nato a Besançon nel 1966 e vive e lavora a Pau.
A diciotto anni, dopo aver conseguito il diploma di ebanista, che già richiede una buona base di disegno, inizia a dipingere. Siamo nel 1985 e Didier entra alla scuola d’arte, prima a Mâcon e poi a Besançon, lasciandosi influenzare da Cremonini, Corot, Courbet, Balthus, Hopper, Bonnard, Richter, Debre e molti altri. Negli studi è allievo di Joël Desbouiges, Georges Oudot, Jens Boettcher, Jean Ricardon e di Jean-Marc Scanreigh.
Dopo il diploma lascia Besançon per stabilirsi a Pau e qui, per un gioco di situazioni e per l’influenza del paesaggio, la sua pittura si libera, si emancipa e prende una nuova direzione.
Ancorato alla figurazione, la sua pittura scava, scandaglia i concetti ne sono alla base, un lento lavoro che si sviluppa nel tempo in varie serie di opere.
La sua attività trova oggi un complemento nel trasmettere la sua esperienza di artista sia attraverso i corsi che si svolgono presso il suo atelier che attraverso interventi nei musei, nelle scuole etc.
Per citare Michel Pagnoux a proposito del suo lavoro e della sua ricerca “La guida del colore è sicura, efficiente, serrata”, o ancora Joël Desbouiges « La costruzione pittorica del lavoro di Didier sottolinea il silenzio, l’assenza, che resta il vero soggetto che ci rivelano le luci violente mentre dialogano con l’”oggetto” scelto”
“L’illusione, alla base delle mie esigenze, mi libera e mi permette di vivere il mondo, di esplorarlo, di goderne”.
Le pitture che saranno esposte alla galleria Il Melograno fanno parte di questo filone. Si collegano al tema “sonno ed illusione” che può trovare un legame con l’onirismo, un lavoro sull’immagine, il tema e la realtà.
Yvana Duchene vive e lavora a Biarritz. Si è formata alla celebre École Nationale Supérieure Des Beaux-Arts di Parigi. Nel 2012 ha ottenuto il prestigioso premio della Biennale Goiart Ordizia.
Il suo lavoro si ispira direttamente alla pittura espressionista austriaca e tedesca. Da qualche anno la sua pittura si è concentrata sul volto e sullo sguardo, alla ricerca di una via per rappresentare forti passioni ed emozioni, se non la follia.
Alla galleria Il Melograno saranno esposti alcuni lavori che appartengono al ciclo ”Welcome in Wonderland”.
Sono volti particolarmente intensi dagli occhi indimenticabili nei quali qualche goccia di azzurro crea una luce drammatica nel gioco del bianco e nero.
Louise Dumont è nata a Guéret e da qualche anno vive a Parigi.
Formatasi nella lavorazione della lacca, si è diplomata nel 2011 come decoratrice specializzata nelle lacche.
Ama la fotografia che “ da un risultato molto più immediato e spontaneo”
Per imparare a conoscere il modo di lavorare degli altri e per rapportarsi sia alle creazioni altrui che al proprio stesso corpo, scoprendone nuovi aspetti, Louise Dumont ha in passato posato come modella, sia nel campo della fotografia, sia nel body painting, sia per pittori e disegnatori.
L’autoritratto è una della pratiche preferite e in Italia porta appunto una serie di sei splendidi autoritratti.
Le piace giocare con gli effetti, con il movimento, utilizzando il proprio o altri corpi. Talvolta lo cosparge di materiali che lo trasformano in maniera da farlo divenire qualcosa di astratto o lo fonde con elementi naturali per dar luogo ad affascinanti metamorfosi
Trëz vive e lavora a Parigi.
Le sue opere abbracciano la fotografia, la pittura, la scultura e i video. La ricerca ruota attorno al corpo e alla mente e i suoi lavori combinano Materia e Spirito. Le sue composizioni sono caotiche sovrapposizioni di corpi e architetture, in una complessa stratificazione. La rappresentazione di una realtà vista come una miscela di eterogeneità che si sovrappongono e si accumulano le une sulle altre e nella quale è difficile vedere ciò che si cela dietro la superficie.
Così spiega il suo lavoro: “Questo è per me un modo per trovare il mo posto in questa caotica struttura che non capisco. La creazione è l’unico modo per comprendere chi sono. “
Trëz è co-fondatore di Oxyum Art Collective e Octopulse Collective (Video Art)
Elodie Huré
Dopo gli studi artistici ho iniziato il mio percorso combinando il disegno, la pittura ed il collage.
Affronto il tema della violenza, sia essa fisica, fisiologica o sessuale. La violenza nelle mie opere inizia con il gesto, con le macchie di pittura, fatte a pennello o con il panno, che nascondono o ricoprono i tratti di matita. Il collage serve a dare un carattere più realistico ai miei personaggi, ma anche ad indagare il flusso di immagini che scorrono davanti ai nostri occhi ogni giorno. Cosa rimane di queste immagini? Che cosa facciamo di questi corpi? Come possiamo reimpiegarli? Nasce un universo carico di ossessioni nel quale ogni corpo non è che un fantoccio deforme, assurdo, grottesco.
Arrivata a Parigi nel 2008, mi sono dedicata in seguito per diversi anni allo spettacolo. E del resto sono i codici e i meccanismi del teatro che oggi impiego nei miei video, utilizzando di base sempre il disegno e la pittura. La carta, il cartone e lo scotch sono i miei tre materiali d’elezione. La carta come simbolo di fragilità, il cartone di precarietà e lo scotch di costrizione.
Nelle mie animazioni (progetto che ha preso il via nel 2013) il tema della violenza rimane presente, anche se affrontato in modo diverso.
La mia ricerca si sposta sul movimento nel disegno, e le bambole in scotch che sono a priori immobili. Un lavoro che si basa ugualmente sul gioco tra luce ed ombra.
Interrogarsi quindi è la parola chiave. Interrogarsi sulla plasticità dei materiali, sul movimento, sul tratto, la macchia, i corpi, la violenza del gesto, la violenza delle immagini.