Visioni della Tuscia - Scuderie di Palazzo Chigi Albani - Soriano nel Cimino

Visioni della Tuscia – Scuderie di Palazzo Chigi Albani – Soriano nel Cimino

“Visioni della Tuscia”, una mostra sui volti e immagini del territorio attraverso lo sguardo della Famiglia Funari.

Luciano, Giovanni,  Luciano, Fernando, Francesca, Fabio Massimo Funari

 Scuderie di Palazzo Chigi Albani

Soriano nel Cimino (Viterbo)

28 dicembre 2019 –  26 gennaio 2020

Il prossimo sabato 28 dicembre alle ore 16.30 presso la Sala dei Pilastri delle Scuderie di Palazzo Chigi Albani verrà inaugurata la mostra “Visioni della Tuscia”, un’esposizione di volti e immagini del territorio traverso lo sguardo della famiglia Funari.

L’evento curato da Soriano Terzo Millennio, realizzato in collaborazione con Il Camaleonte, sarà presentato da Francesca Ceci, dei Musei Capitolini.

Nei suggestivi ambienti seicenteschi saranno esposte le opere di Luciano Funari, artista capostipite della famiglia di pittori, di Giovanni suo fratello, dei figli di Luciano, Fernando, Francesca, Fabio Massimo. Padre, fratello e figli negli anni hanno voluto tracciare con le loro creazione una serie di quadri dipinti e stampe per testimoniare la bellezza e le emozioni che il nostro meraviglioso territorio regala. Luciano e Giovanni Funari, sono anche i maestri scalpellini eredi delle famiglie Anselmi e Funari ed è loro l’opera della copia del sarcofago, detto della Bella Galiana, murato sulla facciata della Chiesa di sant’Angelo in Spatha nel 1998. L’originale, scolpito su tre lati con scene di caccia al leone risalente al 270 – 280 d.C. è stato rimosso nel 1988 ed ora è conservato presso il Museo Civico di Viterbo. Si tratta di un’imponente cassa marmorea, riutilizzata nel Medioevo, che fu oggetto di venerazione da parte dei Viterbesi, in quanto, fin dalla seconda metà del Cinquecento, si credeva vi fosse sepolto il corpo della Bella Galiana.

Nella mostra a Soriano la pittura di paesaggio, ha come genere gli ambienti all’aperto, i ritratti dal vero, idealmente ricostruiti. Ricordiamo che questo genere pittorico, già dal medioevo veniva riproposto nei testi letterari più importanti, quali la Bibbia e i Vangeli, che erano abilmente decorati con miniature di personaggi e luoghi con scene ambientate in spazi aperti.

“Il tema del paesaggio rivela uno stato della nostra anima” queste sono le parole di una citazione del filosofo francese Henri-Frédéric Amiel riportata sul “Journal intime” in un articolo redatto negli anni 83/84 del XIX secolo. Nel Novecento la vera definizione di “paesaggio” sarà, per Karl Ludwig Fernow, pura musica, per Carlo Ludovico Ragghianti, “uno scenario o uno spettacolo come un film o un’opera teatrale” all’interno del quale “far danzare le forme e i colori”, per Giulio Carlo Argan, sfocerà nel concetto di “natura architettonica”, di richiamo al paesaggismo dell’architettura organica di Frank Lloyd Wright. In verità m come anche il percorso della mostra presenta, non esiste un solo paesaggio e una sola pittura di paesaggio, ma ci sono tanti paesaggi quanti sono i soggetti della visione, sospesi tra immagine e realtà, in un contesto interprospettivo.

Ecco allora che la vasta galleria dei quadri che tracciano un viaggio nell’Etruria viterbese, un luogo di una bellezza magica come in nessun altro posto si può ammirare, in uno scenario così pittoresco dove il naturale e l’artificiale si sono mescolati con il passare dei secoli.

Vi sono la purezza e la bellezza originale delle necropoli etrusche, delle chiese romaniche, dei borghi medievali, dei palazzi rinascimentali, l’atmosfera surreale di Civita di Bagnoregio, delle pianure fertili dell’alta Tuscia, della vallata del Tevere , ma anche gli “inquietanti mostri” del Sacro Bosco di Bomarzo, le ambrate terre di Vulci, gli uliveti, i noccioleti e i vigneti alternati alle fasce boscose e ai boschi più estesi. Una fisionomia del paesaggio viterbese si riconosce e persiste proprio nei luoghi dove la natura e la storia umana, come provenienti da una stessa matrice, si sono reciprocamente modellati alle diverse forme del suolo.

La mostra sarà visibile fino al 26 gennaio 2020.

Prof. Francesca Pandimiglio
Docente di Storia dell’arte
Archeologo medievista, Conservatore dei beni culturali, Critico d’arte