Ricordiamo Silvio Lunardi
Si è spento a Livorno Silvio Lunardi.
Pittore e architetto, lo abbiamo incontrato tante volte nelle serate estive del Premio Rotonda. Il suo spirito, la sua brillante conversazione, la sua umanità e acuta intelligenza, hanno lasciato una traccia profonda in tutti gli artisti e in tutti coloro che lo hanno conosciuto.
In questi tempi in cui non possiamo ritrovarci per accompagnarlo possiamo ricordarlo con qualche fotografia e tutti i nostri cari pensieri.
Architetto e Artista, Silvio Lunardi è nato a Livorno nel 1945. Ha amato il disegno fin da piccolo e a 13 anni si è iscritto alla Scuola d’Arte Trossi Uberti. Si è laureato a Firenze nel 1971 col massimo dei voti in Architettura, ed ha svolto la professione di Architetto portando avanti parallelamente l’attività di docente di Disegno e Progettazione, Tecnologia delle Costruzioni e Costruzioni.
Così lo descriveva Tommaso Paloscia:
“Nella pittura Lunardi ha avvertito sin dagli inizi lo stimolo a coniugare una forza imperativa in cui prendeva vie più consistenza l’indicazione di una metamorfosi che conferisse all’immagine centrale delle sue visioni un naturale allineamento all’evolversi dei tempi, vale a dire dei costumi, della cultura e anche del modo di interpretare i fenomeni della natura secondo il divenire dei propri sentimenti. Senza forzature volontarie. E per questo ha lasciato che, autonomamente, i suoi grandi fiori che occupavano grandissimi spazi sulla tela, richiedessero da soli che quegli spazi appartenessero anche al libero gioco dei colori, fantasticamente. Ed era un’impresa, la sua, facilitata dal fatto che quei fiori erano essi stessi scaturiti dalla fantasia del pittore e non dal suggerimento di un modello preciso, anche se virtualmente imparentati con qualche famiglia esistente nell’universo dei fiori. Per Lunardi la graduale metamorfosi dei fiori, suggerita dalla sua fantasia, è rientrata senza traumi nella spontanea evoluzione del fantastico che è in sé.
L’artista vi gioca con la massima sapienza, apparentemente istintiva, dei toni che alimentano la vita dei rossi e dei blu, mentre splendidi gialli rinnovano ritmicamente, ma sempre in modo diverso, le improvvise illuminazioni di cui si accende il quadro fra le esibizioni di una tavolozza tenuta con garbo; ossia nei limiti consentiti dall’armonia della composizione richiesta da quegli “a solo” dei nuovi fiori. Che non sono più fiori ma conservano il valore e anche il “profumo” che pare si diffonda all’intorno in quelle riproposte visionarie e tuttavia memori delle coordinate rimaste incise nella mente, quali eredità irrinunciabili lasciateci da una tradizione di cui la pittura livornese in particolare avverte il dovuto rispetto.
Va qui segnalata quella serie stupenda di soggetti immersi un una atmosfera liquida che porge vagamente, ma in modo suggestivo, il suggerimento di misteriose immersioni nel fondo del mare. L’azzurro tenue che avvolge i segni più forti nei quali si stagliano immagini di sassi sommersi e di una flora non precisata ma di cui si avverte il fluttuare nel liquido degli abissi rendono in concreto l’atmosfera dell’impresa. In tutto questo giocano il ruolo essenziale le fantasie che hanno quale presidio della creatività quella vena fantastica che tutto scova nell’intimo dei nostri pensieri e tutto coordina.”
Tommaso Paloscia
Livorno, 10 marzo 2020