Roberto Ercolini – Collesalvetti – 17/10 – 02/02
Roberto Ercolini (1938-1988)
La festa dell’enigma
17 novembre 2016 – 2 febbraio 2017
Collesalvetti
mostra promossa da
Comune di Collesalvetti
a cura di Francesca Cagianelli
inaugurazione giovedì 17 novembre 2016, ore 16.30
apertura straordinaria
con la partecipazione degli eredi dell’artista
Ilaria e Titti Ercolini
sabato 19 novembre 2016, ore 11,00
Orario: tutti i giovedì, ore 15.30-18.30
ingresso gratuito
Duplice inaugurazione alla Pinacoteca Comunale Carlo Servolini per la mostra Roberto Ercolini (1938-1988). La festa dell’enigma, promossa dal Comune di Collesalvetti, curata da Francesca Cagianelli, in collaborazione con gli eredi dell’artista, Ilaria e Titti Ercolini.
Si tratta ancora una volta di un tassello importante nell’ambito della valorizzazione della stagione dei Servolini, messo a fuoco nell’ambito del pluriennale progetto culturale alla base del calendario espositivo della Pinacoteca colligiana, motivato tra l’altro dalla presenza, nelle collezioni del Comune di Collesalvetti, del significativo dipinto di Ercolini, Rovine (1970).
Per la prima volta, dopo le iniziative degli anni Novanta promosse dal Comune di Livorno e dalla Città di Sesto S. Giovanni, Civica Scuola d’Arte Federico Faruffini, Ercolini, grazie alla mostra colligiana, riemerge all’attenzione del grande pubblico nella sua poliedrica personalità di pittore, disegnatore e incisore, oltre che nella vorticosa temperie sperimentale che caratterizzò la sua purtroppo brevissima carriera.
Dopo gli esordi espositivi, contrassegnati, verso la fine degli anni Cinquanta, dalle personali alla Galleria Imperiale di Tirrenia (1958), alla Galleria Cocchini di Livorno (1959), e alla Bottega dei Vageri di Viareggio (1960), si colloca il fatidico trasferimento di Ercolini a Milano, in data 1960.
“Nulla di nulla della mia condizione mi sembrava soddisfacente – tale l’ammissione dell’artista alla vigilia della fuga da Livorno – o appena adeguato alle mie aspirazioni. Quando venne davvero il momento di partire mi pare che dalla fretta non salutai nessuno”.
D’ora in avanti la frequentazione di Franco Russoli, e per suo tramite di Giovanni Fumagalli, si accompagnerà alla contiguità con la Galleria delle Ore di Milano, promotrice infaticabile di una serie di personali, dalla prima svoltasi nel 1963, fino a quella postuma del 1989, dove il nome dell’artista figura ininterrottamente accanto a quelli di Alfredo Chighine, Franco Francese, Costantino Guenzi, Gino Meloni, Pompilio Mandelli.
Non cessano tuttavia nel frattempo le esposizioni toscane, in particolare all’Italsider di Piombino nel 1967, alla “Galleria Klee” di Lucca nel 1968, alla Galleria “Il Fante di Picche” di Livorno nel 1969, senza contare la partecipazione alle edizioni del Premio Amedeo Modigliani del 1958 e 1960, fino al coinvolgimento nella mostra allestita alla Casa della Cultura di Livorno nel 1978, dal titolo Ipotesi per un profilo della ricerca artistica a Livorno 1947-1977.
Il percorso espositivo colligiano ripercorre la produzione di Ercolini dagli anni Sessanta fino alla precoce scomparsa nel 1988, ovvero fino all’estremo ciclo iconografico delle cosiddette “stanze”: un incessante e altalenante incedere tra neo-geometrismo, neo-concretismo e neo-costruttivismo da una parte, e surrealismo dall’altra.
Dopo una prima fase astratta-informale inauguratasi verso la metà degli anni Sessanta, la produzione di Ercolini degli anni Settanta vede comunque trionfare un partito geometrico, prediletto e ripercorso fino agli ultimi anni, anche se, all’alba degli anni Ottanta irrompe, con l’ossessione di un incubo ricorrente telluricamente, il rinnovato protagonismo di un’umanità da sempre indagata dall’artista, tramite una sorta di criptico linguaggio teso al “trattamento parodistico dell’enigma dechirichiano” (Vanni Ronsisvalle, 1988, Edizioni Galleria delle Ore).
Se è vero infatti che nell’ambito dell’articolata e complessa formulazione iconografica di Ercolini dominano le architetture, spesso avvolte da microganismi inusitati, laddove la percezione dello spazio risulta costantemente scandita da strutture colonnari e filtri di grate, fino ad evocare una sorta di palcoscenico teatrale, costante risulta l’attenzione per gli agglomerati organici, siano silhouettes di scheletri, animali o fantasmi, ebbri di una grottesca quando indistinta vitalità.
Eppure non stupisce la sincronia di tali figurazioni con l’infatuazione per Léger, fonte di ispirazione per tutto un ciclo di composizioni degli anni Settanta, dove l’assemblaggio antinaturalistico di inerti frammenti meccanici, lungi dal collidere con la più ricorrente messinscena di superfetazioni organiche, ne costituisce un’emblematica bipolarità.
Vera e propria acquisizione nell’ambito del percorso espositivo si configura l’Autoritratto degli anni Sessanta, finora incomprensibilmente rimasto inedito, dove l’effige dell’artista, sensibilmente partecipe dell’estetica ritrattistica configurata dalle avanguardie primonovecentesche, in primis l’espressionismo – inequivocabile il riferimento a Carlo Levi – si pone quale icona ideale della mostra, proprio in virtù della simultaneità degli impulsi sperimentali, in bilico tra figurazione e astrazione.
Una serrata selezione di tecniche miste, chine, acqueforti, litografie, completa questo intrigante tragitto monografico, il primo, dopo la monografica livornese del 1995, che a distanza di oltre vent’anni, riapre il caso Ercolini, come uno dei più appassionanti delle avanguardie degli anni Sessanta a Livorno.