ALESSANDRO L. – PROSPETTIVA GEOMETRICA ELEMENTARE – Il Melograno Art Gallery
ALESSANDRO L.
PROSPETTIVA GEOMETRICA ELEMENTARE
Il Melograno Art Gallery
Livorno
16 – 22 aprile 2016
Sabato 16 aprile, alle 18.00, alla galleria Il Melograno, si inaugura la personale di Alessandro L. intitolata “PROSPETTIVA GEOMETRICA ELEMENTARE”
In mostra i lavori degli ultimi anni, generati e maturati da molteplici esperienze, tra le quali quelle vissute nell’ambiente lavorativo e nei viaggi non convenzionali sono quelle più importanti.
La particolare attività lavorativa porta Alessandro L. ad essere a contatto con la natura, in particolare con il bosco, per una lunga parte della giornata. Il continuo e ripetuto salto da un ambiente incorrotto e naturale alla dimensione del quotidiano cittadino genera una spaccatura, una dicotomia che non può non segnare. E ancora il bosco è, per chi sa guardare, fonte di inesauribili scoperte e osservazioni. Il disordine apparente delle fronde è disciplinato da geometrie non casuali: la crescita e la disposizione dei rami, le nervature delle foglie, le scaglie delle cortecce formano geometrie nascoste tra le infinite tonalità di colore e le differenti consistenze del verde, del legno e delle terre.
La seconda fonte di riferimento per Alessandro L. sono le esperienze vissute nei viaggi realizzati in regioni lontane, le stesse che hanno infiammato la fantasia di quei ragazzi che dedicavano lunghe ore alla lettura sognando splendidi luoghi remoti e popoli diversi. I colori, i profumi e le atmosfere si ritrovano nelle terre, nei materiali, ancora nelle geometrie, evocazione di territori esplorati in modo da trovare un contatto reale e senza filtri.
Le parole dell’artista sono le più opportune per aiutarci ad entrare nel suo mondo. Ecco alcune riflessioni prese dai suoi diari:
<< Il colore è innanzitutto luce. E’ il modo con il quale l’uomo, attraverso il senso della vista, percepisce le diverse radiazioni luminose. Esso è caratterizzato da un’intensa capacità evocativa; libera significati, emozioni, e quant’altro. “Il colore liberato dalla sue funzioni denotative, acquisisce maggiore autonomia. Non avendo più la funzione di individuare o di riempire un’area o un piano, esso non rivendica che se stesso. “
Il colore così liberato e liberante, steso su forme perimetrate armonicamente non riflette il mondo delle cose ma se vogliamo una anonimità e una oggettività senza tempo e senza spazio. Tempo e spazio. Ritornerò su questi concetti molto importanti più avanti. Non riflettendo i fenomeni esterni la mia pittura “tende a proporsi essa stessa come fenomeno colto nel proprio farsi.” “Essa viene realizzata come testimonianza di un apporto o impatto immediato tra me e la realtà dei mezzi tecnico espressivi che io manipolo”. La Materia diviene quindi protagonista. La juta, il cotone, la rafia, la canapa, la pasta colorante, la malta sabbiata, lo spago, eccetera. La materia è esibita nel suo “informe” ma pura, sinonimo di una Realtà in divenire e coincidente con i suoi detriti, o con la materia primigenia. Ne deriva una mancanza di canoni diciamo così classici.
Siamo partiti dal Colore, per definire la Materia. E’ ora necessario parlare della tecnica con la quale si plasma la materia e si rende evocativo il colore. E’ il Segno quello che traduce istantaneamente il Gesto del pittore; è il segno ciò che testimonia esistenzialmente la presenza attiva e la qualità espressiva del gesto (l’atto pittorico quindi si indentifica con un intenso atto esistenziale). Il segno che si trasforma in graffio del campo di colore, in solco, senza condizionamenti canonici esterni, trasforma la superficie in un campo di energia. E io credo che infine questo campo di energia non sia altro che un Significato (ovverossia il concetto espresso dal Segno). E se è vero che Scrivere è reinventare la Realtà o meglio riorganizzarla secondo un’”ottica”, un punto di vista che le dia un significato ecco che infine quel campo di energia diviene una Scrittura, un linguaggio, una forma di comunicazione. Il segno è quello che traduce il gesto del Pittore; è anche gesto la manipolazione delle materie, i ritagli di carta, stoffa, spago. Materiali poveri, legati ad una cultura quasi del tutto superata. SI riutilizza costantemente i ritagli, i frammenti, che si producono nel corso del lavoro. Questi scarti vengono riutilizzati per altre opere come una pratica esistenziale, come un diario stilato giorno per giorno, un mormorio operativo, continuo, incessante, febbrile, che accompagna la vista stessa. Ma lavorare con gli scarti significa non produrre mai scarti (riciclaggio): riutilizzarli significa negare la loro stessa definizione e alla lunga identificarli con lo stesso ininterrotto flusso vitale. Niente va perduto: tutto rientra nel grande flusso lavorativo che non conosce distinzione fra arte e vita. L’arte non esce mai da se stessa; dall’arte non si esce mai. Con i frammenti dei testi non si producono forse altri testi? Ciò che resta è ciò che nasce. E’ importante il tempo e lo spazio nei miei lavori. Se da un lato è vero che non è possibile avere alcuna percezione dello spazio in se ma solo dei singoli elementi che vi sono situati, tuttavia esso è condizione e presupposto per ogni percezione, non essendovi percezione che non sia percepita nello spazio. Forse lo stesso si può dire del Tempo, la collocazione delle percezioni nel tempo. Da un lato osservo nei miei lavori un’assenza di spazio e tempo. L’anonimità del colore conferisce questa assenza di coordinate spazio-temporali. Ma nel momento in cui subentra lo scarto materiale manipolato al fine di ottenere una certa geometria, ecco che queste coordinate prendono subito corpo. Del resto nell’arte giapponese la materia è spazio e nell’arte africana lo spazio è materia…
Ecco che allora questo continuo alternarsi di spazi che avanzano e che retrocedono, questo reciproco interferire di materia e colore, può essere interpretato e collocato all’interno di quel riferimento alle espressioni artistiche extra occidentali. Fondamentale è l’apporto dato da esse, in particolare quella africana e degli Indiani del Nord America. E’ la cosiddetta Arte Primitiva così definita da Franz Boas che mi affascina e tutte le sue manifestazioni e che prende corpo nella sua semplice cadenza geometrica…
Da tutti questi concetti fin qui accennati emerge una fondamentale adesione o per lo meno un riferimento alla corrente pittorica detta Informale. Ma se soprattutto quella emergeva prepotente nei primissimi lavori, nei lavori successivi alcuni importanti elaborazioni ne cominciavano a stravolgere le tematiche. Infatti l’uso dello scarto materiale sul modello di alcuni canoni artistici “primitivi” ha cominciato a farsi regolare imponendomi una elaborazione formale, un canone. Ecco che quindi la materia viene incanalata in uno schema formale mentre gli Informali depurarono questa da ogni canone. Se per me come per gli Informali Il Grumo di Colore rappresenta la fine di ogni rappresentatività accademica identificandosi con un caos primigenio del mondo e della psiche (Informale della materia) è anche vero che il successivo sovrapporre degli scarti materiali in una geometria semplice ma pur ordinata cancella la poetica della materia vile e negletta.
C’è in tutto questo un tremendo conflitto originato probabilmente dal quesito: ma è possibile non elaborare una estetica? E’ possibile non rifarsi ad un canone artistico? Forse gli Informali non abbatterono i precedenti per costruirne un altro? >>
Alessandro L.
Fonti :
Astrattismo – Arte e Dossier
George Noel – Catalogo Galleria Peccolo
La mostra resta aperta fino al 22 aprile, con orario 10/13 e 16/20. Chiusi nelle mattine della domenica e del lunedì.
Il Melograno galleria d’arte
Via Marradi 62/68 Livorno