Claudio Valerio – Via-Senza-Via – Studio la Linea Verticale – Bologna

NEXT OPENING 21.09

VIA-SENZA-VIA

SOLO SHOW: CLAUDIO VALERIO

Abstract“

Studio la Linea Verticale riapre il 21 settembre con la prima mostra personale dell’artista Claudio Valerio. Via-Senza-Via è presentata dai testi critici di Andrea Bardi e Giulia Pontoriero e realizzata con il contributo di Francesco Serafini. La serata inaugurale è prevista per sabato 21 settembre dalle 17 alle 20 presso la nostra sede di Bologna in via dell’Oro 4B.

Via-Senza-Via

Inaugura il 21 settembre la nuova mostra personale di Claudio Valerio, “Via senza via”, un’esperienza artistica che sfida la logica della rappresentazione tradizionale e abbraccia il paradosso dell’indefinibile. Con un approccio che nega ogni forma di significazione semiotica e narrazione convenzionale, Valerio porta il visitatore in un mondo dove l’interpretazione stessa viene sospesa, proponendo un dialogo visivo che esclude il gioco di simbolo e significato.

Le opere esposte evidenziano la volontà dell’artista di rifiutare qualsiasi legame con le consuete aspettative visive o discorsive. Al contrario, Valerio esplora l’opacità del processo rappresentativo, rivendicando l’autonomia della pittura come ente a sé stante, una materia viva che non necessita di alcuna traduzione.Attraverso un uso sapiente di materiali come carbone e resina naturale, l’artista crea superfici stratificate dove l’alternanza tra porosità e levigatezza svela intuizioni figurative delicate, ma mai definitive. Il nero del carbone, in particolare, diventa lo strumento attraverso cui Valerio ricerca forme che emergono dall’oscurità, negando il principio di rassomiglianza a favore di una continua stilizzazione.

La mostra “Via senza via” si configura come una riflessione sulla pittura stessa, una pratica che, per Valerio, diventa un esercizio filosofico che abbandona il concetto di conoscenza dell’oggetto per concentrarsi sull’esperienza della materia, della forma e dello stile.

Questa esposizione rappresenta una dichiarazione di guerra silenziosa contro l’interpretazione forzata dell’arte, richiamando il pubblico a vivere l’opera come un’entità autonoma, libera da qualsiasi costrizione interpretativa. Un viaggio senza direzione apparente, dove il paradosso diventa protagonista e la pittura una rivelazione in continua evoluzione.

Dettagli dell’evento:

Titolo: Via-Senza-Via

Artista: Claudio Valerio

Testi di: Andrea Bardi – Giulia Pontoriero

Con il contributo di: Francesco Serafini

Inaugurazione: 21 Settembre 2024, ore 17:00-20:00.

Durata della Mostra: 21.09-19.10.2024

Luogo: Studio la Linea Verticale, via dell’Oro 4b, Bologna

Orari ordinari: Dal Mart. al Sab. 15.30-19

L’Inaugurazione:

Il giorno inaugurale è previsto per sabato 21 Settembre dalle 17 alle 20. Per ulteriori informazioni: Studio la Linea Verticale | via dell’Oro 4b | Bologna | www.studiolalineaverticale.it | info@studiolalineaverticale.it | +39 3920829558 | in-fb-ig: @studiolalineaverticale

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Via senza Via

di Giulia Pontoriero

Esiste una volontà marcata ed estremamente incisiva nellintraprendere una Via senza via. Tale impresa, difatti, concretizza visivamente leffetto che enuncia: ovvero, il trovarsi nel pieno centro di un paradosso. Nessuno, al giorno doggi, si troverebbe, per caso o volontariamente, in una via senza via, semplicemente a causa dellincessante rinvio associativo, del rimando continuo ad un rapporto fra simbolo e significato e, di conseguenza, allimpossibilità di adempiere al gioco dellazione/scopo, da parte di chi quellazione intende compierla. Pensandoci, come si potrebbe immaginare una Via senza via?

Il richiamo dunque, al gioco linguistico che lenunciato manifesta, stuzzica nel lettore, e poi spettatore, a rispondere alla squisita tentazione di considerarlo ancora più radicale. E se una cosa si presenta come unica o intraducibile, scatena la bramosia di possederla. Difatti, il fondamento della nostra cultura visiva risiede principalmente nel rendere conto della natura funzionale e convenzionale di un simbolo, da cui può scaturire un linguaggio. Anche locchio più stanco vuole tradurre quello che sta osservando, per raggiungere la sua aletheia, verità svelata. Lipotesi contraria potrebbe, nel mondo dellHomo videns teorizzato da Giovanni Sartori1, non essere più una possibilità considerabile. Così come è tempo di sfatare il mito dellocchio innocente. Difatti il titolo Via senza viasi muove a schiocco di fioretto come una dichiarazione di guerra silenziosa contro tutta quella branca intellettuale di discipline artistiche che ha voluto trovare significati, e che nel farlo è scesa nella pericolosa via dellinterpretazione e della ricerca contenutistica interiore, contraddicendo la natura della pittura, prima, e dellarte stessa, poi. Entriamo, però, dentro al paradosso. Via senza via, come enunciato, esplicita la complementarietà dellesistenza dellente attraverso il nulla, la sua negazione. E già di per sé tale reciprocità, rispetto alla filosofia occidentale, risulta essere radicale, ma non per questo improbabile. Linterpretazione di unopera darte è possibile solo sulla base del perseguimento di una verità intesa come non-nascondimento, poiché “ciò per cui lessere toglie ciò che lo nega (il nulla), è ciò per cui lessere toglie ciò che lo occulta2. Ma se si ammette tale complementarietà, si accetta dunque la possibilità di non volerla disvelare.

Claudio Valerio impugna quel fioretto e avanza per la stoccata: lintraducibilità, la mancanza dimmediatezza referenziale nelle sue opere è resa ancor più esplicita dalla difficoltà che lo spettatore prova nellancorare un enunciato verbale (il titolo) al testo visivo vero e proprio. Titoli come Acquitrino (2023) o Scorciatoia (2023) evidenziano una volontà duplice dellartista, che se da un lato ha tutta lintenzione di aiutarelo sguardo per mezzo di un nome riconoscibile, dallaltro vuole metterlo in crisi, sottoponendolo a un inganno vero e proprio.

Dopo il fenomeno duchampiano, è stata attivata unulteriore, ed estenuante adozione di un approccio ironico nei confronti dellarte, vista come manifestazione ed espressione di una condizione nichilista. Lartista si prende gioco della sua stessa opera (ma non della sua stessa pratica) e, a rafforzarne lassunto, anche del suo fruitore. Qualunque artista che voglia perseguire tale approccio punta sulla sfera ambigua della visibilità. Mi permetto, a questo punto, di ribadire che, a sostenere il loop temporale della morte dellarte, sono solo coloro che ne scrivono, e certamente non gli artisti. Vero è, però, che si sta scivolando silenziosamente in un decadentismo culturale che ha permesso la sovrapproduzione di opere/contenuto, brodo di giuggiole per critici avidi di gloria.

Ed è per questo che i lavori di Claudio Valerio, come Secondo cimitero danese (2024) o Nidi (2023), rifuggono da una qualunque forma di narrazione. Le opere presenti evidenziano proprio lesaltazione della dimensione opaca del processo rappresentativo, rivendicando lattenzione sulla natura pittorica e sulla tecnica. Del contenuto, poi, presente ma non immediato, il fruitore può farne ciò che vuole. Guardando i lavori di Valerio, sarebbe rischioso definirli propriamente astratti, poiché il loro scopo non è l’attivazione di una stimolazione percettivo-sensoriale, o almeno non totalmente. Una qualche forma di intuizione figurativa fa la sua comparsa, anche se flebile o minimale (Veggenti,2023). Ma fra le varie motivazioni che spingono lartista ad operare c’è la volontà esplicita di lavorare non tanto sulla transitività dellimmagine, quanto sullattivazione dei presupposti necessari ad aprire un ampio discorso metapittorico. Ed è lui stesso a ribadire la natura filosofica della pittura. In termini linguistici, si associa, per definizione, la pratica pittorica ad una modalità espressiva di una data percezione del sensibile: per Valerio, invece, la pittura diventa entica ed ontica. La pittura diventa un ente che concretizza la sua esistenza parafrasando Sontag nellesperienza della materia, della forma e dello stile (attraverso cui conosciamo qualcosa) più che nella conoscenza di qualcosa in sé3.

Claudio Valerio fonda la sua pratica sulla sperimentazione materica e sullutilizzo della stessa come espediente stratificante per mantenere disvelato il suo contenuto. È attraverso la reazione chimica fra il carbone e il pigmento pittorico che lartista conserva la forma rabdomantica dellimmagine, poiché, partendo dallo strato liminale della trama della sua superficie, ne fa emergere la natura substanziale. L’alternanza tra porosità e levigatezza della materia plastica, che scaturisce dall’incontro tra il carbone e il pigmento stratificato grazie all’utilizzo della resina naturale, permette il manifestarsi epifanico di una forma intuita. A differenza della superficie bianca, il nero del carbone stimola Valerio nella ricerca dellimmagine, la quale abbandona il principio di rassomiglianza a favore di una maturazione stilistica. Le opere, così, risultano cariche di stilizzazione” poiché Valerio, nella sua sublime universalità immaginifica, distingue volutamente il contenuto dalla maniera e il tema dalla forma.

1: G. Sartori, Homo videns, Laterza, Bari-Roma 2000.

2: M.Heidegger, Sullessenza della Verità (1949), ed. it. a cura di U. Galimberti, Editrice Morcelliana, Brescia 2021, p. 13.

3: S.Sontag, Contro linterpretazione e altri saggi (1966), trad. a cura di Paolo Dilonardo, Nottetempo, Milano 2022, p. 41.