Ajnos – “Neverland” – SpazioCima – Roma
“Neverland” è la nuova mostra della galleria romana SpazioCima che ospiterà le opere dell’artista Ajnos, da mercoledì 22 novembre (vernissage ore 18:00) a domenica 14 gennaio
SpazioCima (RM) – “Neverland”, a 70 anni dal classico Disney, la mostra di Ajnos ci riporta sull’indimenticata “Isola che non c’è” “La mostra si ispira alla figura di Peter Pan, l’eterno bambino, che scappa dal tempo e dalle responsabilità del diventare adulti. È un viaggio nel tempo sospeso di Peter in un luogo metafisico, uno spazio che ognuno di noi conserva dentro di se, che troppo spesso però dimentica”, dichiara l’artista GLI ANNIVERSARI – A settant’anni dal debutto cinematografico italiano del grande classico dell’animazione Disney, “Le avventure di Peter Pan” (16 dicembre 1953), e alla vigilia del centenario del “Peter Pan”, diretto da Herbert Brenon (1924), entrambi i film basati sull’opera teatrale “Peter e Wendy” di J. M. Barrie, l’Isola che non c’è e i suoi immortali protagonisti tornano a far sognare piccoli e grandi.
LA MOSTRA
Proprio “Neverland”, infatti, è il titolo della nuova mostra della galleria romana SpazioCima, che ospiterà da mercoledì 22 novembre (vernissage ore 18:00) a domenica 14 gennaio, le opere dell’artista Ajnos, che attinge al repertorio letterario e cinematografico del magico universo ruotante attorno al personaggio del bambino Peter, che fugge dal tempo e dalle responsabilità del diventare adulti. Circa 20 le opere in mostra, principalmente con tecnica olio e collage su tela. Ingresso libero.
LE PAROLE DELL’ARTISTA
“La mostra si ispira alla figura di Peter Pan, l’eterno bambino, che scappa dal tempo e dalle responsabilità del diventare adulti – dichiara Ajnos – È un viaggio nel tempo sospeso di Peter in un luogo metafisico, uno spazio che ognuno di noi conserva dentro di se, che troppo spesso però dimentica. Peter è cristallizzato in quel particolare momento della giovinezza in cui germoglia il desiderio di evasione dalla famiglia. È completamente proteso verso la libertà. In lui abitano spensieratezza e turbamento e questo avvicendarsi degli opposti non risparmia nessuno dei personaggi sull’isola che non c’è”.
IL TEMPO CHE NON ESISTE E I NON LUOGHI
“Di primo acchito le venti tele sembrerebbero ritrarre Peter, Wendy, la fata Campanellino, Capitan Uncino, il Coccodrillo ‘Tic – tac’ (che minaccia la vita di Uncino), i bambini perduti sull’Isola che non c’è, mascherati da procioni o da volpe, Spugna il pirata (con la mappa del tesoro), la polvere di fata (per volare nell’oscurità blu della notte), ‘Giglio tigrato’ (principessa pellerossa) – spiega Antonio E.M. Giordano nel suo testo critico – Ad un esame più attento invece capiamo che Ajnos non rappresenta i reali personaggi del racconto di Barrie bensì bambini non ancora adolescenti, intenti a giocare o a sognare di farlo, indossando i costumi dei protagonisti di Neverland. Sono sorpresi a giocare al “tempo che non esiste” con i vecchi giochi dimenticati in soffitta o in cantina dalle loro mamme e papà. Ciascuno di essi è immerso in un ‘non luogo’ nel proprio spazio isolato e non si incontrano mai (ad eccezione dei bambini perduti gemelli, da considerare come un singolo)”.
BREVE BIOGRAFIA
Sonja Fersini è nata a Zurigo, ma oggi vive e lavora nel Salento, in Puglia. Rientrata in Italia nel 1983, a 13 anni ha scoperto l’opera di Michelangelo Buonarroti e da lì si è appassionata alla storia dell’arte. Ha conseguito il diploma artistico, studiato disegno e progettazione per l’architettura e l’arredamento ed in seguito lavorato presso studi di progettazione. Nel 2015 ha intrapreso la professione di Visagista e Truccatrice, sviluppando una forte sensibilità ed empatia nei confronti del femminile, con particolare attenzione al volto.
Correggendo continuamente inestetismi e imperfezioni con il make-up, ha iniziato a lavorare sul processo contrario in pittura, enfatizzando proprio questi aspetti. Asimmetrie, imperfezioni, lineamenti affilati, occhi giganteschi, languidi e tormentati sono diventati tratti somatici comuni nei volti delle sue donne-bambine. Negli ultimi anni la sua esplorazione artistica si sta muovendo nel mondo dell’infanzia alla scoperta del legame ancestrale tra la vita reale e le fiabe.
INFO E ORARI
La galleria sarà visitabile, a ingresso libero, da mercoledì a sabato h 15.30-19:00.
Apertura domenicale dal 3 dicembre. Chiusure straordinarie sabato 23 dicembre, domenica 31, 6 e 7 gennaio.
Ufficio Stampa: Uozzart – Salvo Cagnazzo
NEVERLAND: Mostra personale di Ajnos A cura di Antonio E.M. Giordano
Nel panorama del movimento artistico del Pop Surrealism, nato negli Stati Uniti tra gli anni Sessanta e Settanta dalla Lowbrow Art, tra gli artisti italiani emergenti troviamo Ajnos che, dopo aver conosciuto gli artisti statunitensi e italiani di questo movimento, subisce il fascino della corrente artistica del Realismo Magico, nata nei primi decenni del Novecento e connotata dall’ossimoro di una resa precisa della realtà, attentamente curata nei minimi dettagli ma immersa in uno scenario immobile e sospeso, quasi magico, risultando un effetto alquanto inquietante.
A distanza di centoventi anni dal debutto dello spettacolo teatrale londinese di Sir James Matthew Barrie e a venti anni dal film diretto da Tim Burton e interpretato da Johnny Depp nel ruolo del medesimo scrittore, SpazioCima presenta “Neverland,” personale di Ajnos, artista emergente, che attinge al repertorio letterario e cinematografico del magico universo ruotante attorno al personaggio del bambino Peter, che fugge dal tempo e dalle responsabilità del diventare adulto, può volare grazie all’immaginazione ed è denominato dal flauto di Pan.
È un viaggio nel tempo sospeso di Peter in un luogo metafisico, uno spazio che ciascuno di noi conserva dentro di sé, che troppo spesso però dimentica. Peter è cristallizzato in quel particolare momento della giovinezza nel quale germoglia il desiderio di evasione dalla famiglia. Egli è completamente proteso verso la libertà. In lui convivono spensieratezza e turbamento, e questo avvicendarsi degli opposti non risparmia alcuno dei personaggi sull’Isola che non c’è.
La tecnica delle opere è olio su tela, ma il connubio con il collage conferisce un effetto di fantastico/fantastico perché i soggetti sono descritti nei dettagli in uno stile virtuosistico che sfida la computer graphic e NFT, denotando la lunga esperienza di perizia dell’artista nella pratica del disegno, anche tecnico e da cartonista in erba.
Di primo acchito, le venti tele sembrerebbero ritrarre Peter, Wendy, la fata Campanellino, Capitan Uncino, il Coccodrillo ‘Tic – tac’ (che ha amputato la mano e minaccia la vita di Uncino), i bambini perduti sull’Isola che non c’è, mascherati da procioni o da volpe, Spugna il pirata (con la mappa del tesoro), la polvere di fata (per volare nell’oscurità blu della notte), ‘Giglio ingrato’ (principessa pellerossa). Ad un esame più attento, invece, capiamo che Ajnos non rappresenta i reali personaggi del racconto di Barrie, bensì bambini non ancora adolescenti, intenti a giocare o a sognare di farlo, indossando i costumi dei protagonisti di Neverland.
Sono sorpresi a giocare al “tempo che non esiste” con i vecchi giochi dimenticati in soffitta o in cantina dalle loro mamme e papà. Ciascuno di essi è immerso in un ‘non luogo’ nel proprio spazio isolato e non si incontrano mai (ad eccezione dei bambini perduti gemelli, da considerare come un singolo).
Gli enormi occhi, simbolo di curiosità sul mondo ma al contempo di alienazione, languidi e malinconici, memori dei cartoons Manga e del film “Big Eyes” di Tim Burton con ritratti di bambini di Margaret e Walter Keane, connotano la condizione di sospensione e lo sguardo perso nonché l’espressione disincantata di chi sa che dovrà diventare grande ma rimane ancora per un attimo a sognare ad occhi aperti sulla soglia tra infanzia – in un mondo di favole e fate – ed età adulta delle responsabilità.
Le bambine nelle tele di Ajnos sono sole e isolate come una generazione di adolescenti, chiusi nella loro stanza e connessi nell’universo del web ma incapaci di comunicare con genitori e adulti, troppo occupati nel lavoro e anch’essi connessi; più amici che genitori perché eterni adolescenti in jeans e sneakers.
Vestire i panni di un’eterna infanzia significa anche preferire la libertà per evitare la realtà di una società asservita alla finanza e all’economia dei profitti, in un consumismo dove l’arte non è necessaria ed è meglio viaggiare con la fantasia dopo anni di costrizione domestica per la pandemia.
Ajnos sembra sottintendere che invece l’Arte è necessaria, che la fantasia crea e l’immaginazione sono l’ossigeno vitale per un pianeta soffocato dall’inquinamento e dal surriscaldamento globale e tra poco dovremo tutti rifugiarci nell’Isola che non c’è. Che soltanto la Bellezza ci salverà e per questo dobbiamo volare come Peter Pan per elevarci da un mondo di esasperato razionalismo tecnologico dominato dalla Scienza e che sopprime la fantasia. Allora l’unica via di salvezza sarà l’Utopia e sfuggire a Capitan Uncino significa sfuggire alla Morte. L’artista sembra identificarsi nella bambina che gioca nei panni di Wendy, con la chioma ancora librante nell’aria (del volo con Peter) e la girandola in alessa del vento, mentre regge un orologio a cucù nel quale l’uccellino è fuggito in volo (lasciando due piume), sullo sfondo di una tappezzeria damascata, a indicare la dimensione domestica della penosa scelta finale nelle parole “Vorrei che la mia anima fosse cielo.”
Senza scomodare Freud o Erica Jong, potremmo allora denominare il complemento del titolo della mostra: “Lasciami volare.”
“Il bambino che non voleva crescere” era era il sottotitolo dello spettacolo teatrale di Peter Pan che debuttò nel 1904.
Voler rimanere bambini e rifugiarsi nell’isola che non c’è, per poter volare grazie alla polvere fatata, significa andare alla ricerca dell’immaginazione perduta e recuperare la fantasia per vivere in una favola e fuggire la realtà.
Organizzazione a cura di Roberta Cima
Mail: info@spaziocima.it- Tel: 06 85302973 – 3429923606
Ufficio Stampa Uozzart di Salvo Cagnazzo
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