Dall’impressionismo al crepuscolarismo: Gianni Vagnetti e la musa ricorrente dell’ambiguità – Collesalvetti
Andrà in onda, giovedì 8 ottobre 2020, alla Pinacoteca Comunale Carlo Servolini di Collesalvetti, la 2° Puntata del Calendario Culturale Autunno 2020, dal titolo “Le ragioni della collezione Verzocchi. Il dopoguerra dell’arte tra storia e collezionismo”, promosso dal Comune di Collesalvetti, ideato e curato da Francesca Cagianelli, in occasione della mostra “La malinconia mediterranea di Gastone Breddo. Momenti del gusto astratto-concreto tra cartocci morandiani e laguna soledad” (fino al 19 novembre 2020, tutti i giovedì, ore 15.30-18.30).
Si intitola “Dall’impressionismo al crepuscolarismo: Gianni Vagnetti e la musa ricorrente dell’ambiguità”, la Conferenza curata in quest’occasione da Francesca Cagianelli, conservatrice della Pinacoteca Comunale Carlo Servolini.
Selezionato tra i tanti toscani attestati nell’ambito della Collezione Verzocchi, Vagnetti testimonia in termini esemplari la trasversalità attinta nel secondo dopoguerra da quel crepuscolarismo che nel 1975 Luigi Cavallo attribuiva all’artista fiorentino come vocazione effettiva lungo l’arco delle continue metamorfosi figurali.
Se tra il 1944 e il 1948, in coincidenza cioè con la stagione della guerra, il critico collocava la risorta istanza di una “libertà espressiva e stilistica, verso una struttura razionale degli spazi e delle forme”, delineava proprio in tali drammatici frangenti la nuova attenzione di Vagnetti verso l’arte francese, attestata dal volume Impressionisti edito nel 1944, dalla conferenza Impressionisti nel novembre del 1945 e dalla conversazione dal titolo Ritorno da Parigi, tenuta all’Accademia di Firenze e quindi al Lyceum.
Si affaccia addirittura, tra i grumi di quella materia sempre più ricorrente nelle opere di tale periodo, ormai assimilabile a vere scaglie di catrame, l’istanza espressionista, veicolata tanto nel filone dell’iconografia sacra, quanto nelle consuete tematiche delle Educande e dei Nudi, dove il pigmento cromatico assume connotazioni sempre più fosche, in un clima ormai definitivamente maladif, non immemore di certe movenze bonnardiane: “L’atmosfera di Bonnard preme nelle soluzioni del pittore toscano, non solo in senso fauve ma in senso spirituale – reclama Cavallo.
Sarà invece nel periodo circoscritto tra il 1949 e il 1956, coincidente con il trionfo di uno spazio e di un’architettura neocubista, che, sempre secondo Cavallo, emergeranno, pur nel persistere di un orientamento espressivo esente da affermazioni perentorie, citazioni dall’ultimo Braque, sprofondate tuttavia nella luce soffusa di un’antica mestizia, ben lontana dall’ordine razionale sposato da quest’ultimo.
Trionfano cioè, nell’esegesi felicemente profilata da Cavallo, le ragioni di uno specifico lirismo di Vagnetti, che mantengono aperta la soglia di un “riverbero umano”, che è poi la soglia dello studio stesso dell’artista, denso di cultura, di tradizione e di convinzioni profonde: una soluzione egregiamente catalogata in termini di “cubismo barocco”.