Duilio Cambellotti e il mito – Conferenza – Mostra – CENTRO CAGIANELLI PER IL ‘900 – Pisa

Conferenza / Mostra

Duilio Cambellotti e il mito

a cura di FRANCESCO TETRO

architetto e storico dell’arte, già direttore del Polo Museale di Latina: Galleria d’arte moderna e contemporanea, Museo “Mario Valeriani” della medaglia, fotografia, grafica incisa, etc., Museo Duilio Cambellotti; attualmente direttore del Civico Museo del Paesaggio di Maenza (LT); co-curatore dell’Archivio dell’opera di Duilio Cambellotti; responsabile-curatore dell’Archivio del XX secolo, Latina

in occasione dell’evento:

Duilio Cambellotti al Centro Cagianelli per il ‘900:

riflessioni sull’iconografia francescana, percorsi tra i cavalieri del ‘900, inediti teatrali 

e prime indagini sulla Chimera labronica

Promosso dal Centro Cagianelli per il ‘900

nell’ambito di PISA PERCORSI MUSEALI

con il contributo di Fondazione Pisa

in collaborazione con:

Muvit e Moo – Musei Lungarotti Torgiano / MEDIA PARTNER 

Calamo Associazione Culturale /MEDIA PARTNER

CEDACOT – Centro di Documentazione dell’ Architettura Contemporanea in Toscana / MEDIA PARTNER

CENTRO CAGIANELLI PER IL ‘900

Sabato 26 ottobre, ore 17.00

INGRESSO GRATUITO SU PRENOTAZIONE (tel. 392 6025703)

SEGUIRA’ COCKTAIL

Introduce Francesca Cagianelli

Con l’occasione saranno esposte le seguenti opere:

CISTA DEI CAVALLI1928-1929, rame e bronzo, Archivio del XX secolo – Latina;

LE PANATENAICHE, 1936, cromolitografia, stampato da Pizzi &Pizio, Milano-Roma, Archivio del XX secolo – Latina, courtesy Francesco Tetro

LA CHIMERA DI LIVORNO, prima idea (1951), matita su carta da lucido, Archivio del XX secolo – Latina, courtesy Francesco Tetro;

LA CHIMERA DI LIVORNO, prima idea (1951), matita su carta da lucido, Archivio del XX secolo – Latina, courtesy Francesco Tetro;

LA CHIMERA DI LIVORNO, disegno definitivo (15 marzo 1951), matita su carta da lucido (In basso a destra: Duilio Cambellotti scultore “Progetto per decorazione ceramica Chimera, Roma 15/3/1951), Archivio del XX secolo – Latina, courtesy Francesco Tetro

I FIORETTI DI S. FRANCESCO, IL CANTICO DEL SOLE, LE CONSIDERAZIONI SULLE STIMMATE (1926), stampato dall’ Editrice San Francesco, Roma, in mille esemplari (copertina serica viola della manifattura Ferrari di Milano, copertine, tavole fuori testo, incipit, finalini, decorazioni, etc.), Archivio del XX secolo – Latina, courtesy Francesco Tetro

Il Centro Cagianelli per il ‘900 ha il piacere di annunciare l’inaugurazione della Conferenza/mostra “Duilio Cambellotti e il mito”, a cura di FRANCESCO TETRO, architetto e storico dell’arte, già direttore del Polo Museale di Latina: Galleria d’arte moderna e contemporanea, Museo “Mario Valeriani” della medaglia, fotografia, grafica incisa, etc., Museo Duilio Cambellotti; attualmente direttore del Civico Museo del Paesaggio di Maenza (LT); co-curatore dell’Archivio dell’opera di Duilio Cambellotti; responsabile-curatore dell’Archivio del XX secolo, Latina, in programma sabato 26 ottobre, ore 17.00, nell’ambito dell’evento dal titolo “Duilio Cambellotti al Centro Cagianelli per il ‘900: riflessioni sull’iconografia francescana, percorsi tra i cavalieri del ‘900, inediti teatrali e prime indagini sulla Chimera labronica”, promosso dal Centro Cagianelli per il ‘900, nell’ambito di PISA PERCORSI MUSEALI, con il contributo di Fondazione Pisa, in collaborazione con Muvit e Moo – Musei Lungarotti Torgiano / MEDIA PARTNER Calamo Associazione Culturale /MEDIA PARTNERCEDACOT – Centro di Documentazione dell’ Architettura Contemporanea in Toscana / MEDIA PARTNER.

Tra le priorità della programmazione culturale del Centro Cagianelli per il ‘900, da sempre finalizzata alla ricostruzione storiografica di nessi spesso obliterati, o almeno trascurati, tra alcuni outsider del Novecento italiano da una parte e la compagine dei maestri acclarati dall’altra, domina l’istanza di riproporre alla comunità scientifica e al grande pubblico proposte di rilettura innovativa della stagione artistica italiana tra le due guerre, liquefacendo barriere di antica derivazione accademica e polverizzando loci communes di una vulgata troppo spesso impostasi rispetto a ineludibili coordinate scientifiche.

Nell’ambito della sua introduzione di Francesca Cagianelli decanterà le ragioni dell’evento, a lungo e convintamente pensato con Francesco Tetro, nell’ambito del quale ritrovano pari opportunità fanti e cavalieri ideati da Enrico Cagianelli secondo modalità sintetiche di eco futurista e di proiezione déco, e l’epopea celebrativa cambellottiana, epurata dall’iconografia militare e proiettata definitivamente verso l’universalità del mito.

Punterà non a caso i riflettori sul tema del mito Francesco Tetro, ritenendolo fondamentale per comprendere il processo creativo di Duilio Cambellotti, inteso a far coincidere l’armonia della vita con l’armonia dell’arte. Ma il senso del mito per Cambellotti non diventa assunzione di elementi stilistici antichi: è piuttosto una condizione morale, una convinzione che la costruzione dell’immagine possa contribuire a comunicare un codice di idealità.

Tra le finalità dell’arte infatti l’artista pone l’istanza della comunicazione attraverso emblemi, simboli, e al fine di reinventarli, ricorrerà al serbatoio iconografico di epoche auree, prescindendo tuttavia da qualsiasi retorica del passato. 

Prioritario quindi il richiamo al Medioevo, all’epoca caratterizzata dalle maestranze, quando la decorazione delle chiese e dei palazzi comunali veniva rivolta didatticamente alla collettività, in quanto l’arte era intrinsecamente legata alla funzione dello spazio pubblico. 

Recuperare l’iconografia classica, mediata dalla Secessione Viennese, sembra più confacente alla pluriennale pratica teatrale di Cambellotti che ama rivolgersi al grande pubblico e in luoghi preferibilmente aperti, dove la collettività può dialogare con i miti perenni, con gli urgenti e universali temi morali, con i punti nodali della tragedia greca. 

Quest’ultimo ha una speciale affezione per Atena, che nella versione latina diventerà Minerva, prescelta come primo soggetto scultoreo, dea della saggezza, protettrice della civiltà e della cultura, dea che sovraintende alle attività umane delle scienze e delle arti, a tutte le opere positive dell’uomo, che da lei apprenderà a coltivate l’olivo, a domare il cavallo, a riunirsi in uno spazio comune regolato dalle leggi della collettività: la città. 

Come non ricordare dunque – ecco l’assunto centrale della conferenza di Tetro – la prima mostra della Secessione Viennese, in cui Klimt rappresenta Teseo, che sotto la protezione di Atena abbatte il Minotauro! 

Il movimento moderno, cui Cambellotti guarda con interesse dall’osservatorio privilegiato della sua formazione simbolista, è attento a riqualificare e a riformare le arti applicate. Ne deriva l’esaltazione del Medioevo, quando fioriva il dialogo tra artisti, artigiani e collettività.

Per Cambellotti attraverso il processo creativo l’uomo compie esperienza di verità e ciò è possibile solo con il dialogo sociale: non è un caso che l’artista prediliga sia le grandi superfici dove poter raccontare le saghe del popolo (vedi i cicli decorativi delle Prefetture di Littoria e di Ragusa, dove il lavoro del singolo viene esaltato coralmente), sia l’illustrazione, che garantisce una comunicazione capillare con il pubblico dei lettori, a partire dagli abbecedari e dai sussidiari.

Mito significa anche la pari dignità tra artisti e decoratori in nome del valore sociale e della sacralità del lavoro. Emblematici in tal senso risultano il polittico di Cambellotti, L’Altare, e il ritratto di quest’ultimo realizzato da Giacomo Balla, “IL Cesellatore”. 

É inevitabile correre dunque con il pensiero ai mobili di Cambellotti e dei suoi sodali; Umberto Bottazzi, Vittorio Grassi e Alessandro Marcucci, senza decori sovrapposti, in cui la verità sta nell’eliminare dorature, modanature, nel manifestare incastri, venature lignee, nel comunicare senza fraintendimenti la funzione. 

Cambellotti è infine attento all’utilizzazione con significato simbolico di attributi e figure connesse con Atena, come le Gorgoni e la Civetta: la memoria del Palazzo della Secessione di Olbricht passa così alle vetrate della romana Casina delle Civette.

Con le vetrate Torlonia l’artista guarda alla stagione mitica del Medioevo, la civiltà da cui ripartire. Lui stesso sosterrà che bisogna “convergere verso l’energia spirituale del passato” e richiamarsi a valori e principi che si riconoscono validi per il presente. 

Nel mito rientra anche l’habitat dei diseredati, il paesaggio che immobile cela la storia riconsegnata a chi ne ha diritto in quanto erede, come una referenza araldica. La potenza dell’uomo s’inserisce così in una natura primordiale e si confronta con altre potenze; la sua vicenda ha la stessa dignità della vicenda universale, quella che Cambellotti chiamò “la perpetua vicenda”, quando per le pagine di “Novissima” rappresentò la storia, la genesi dell’albero che si trasforma in strumento di lavoro, in nave, in veicolo di conoscenza, di autocoscienza potremmo aggiungere oggi. 

Attori di sè stessi in questo paesaggio mitico-storico sono proprio i diseredati, che Cambellotti colloca in un tempo-narrazione bloccato a ritmi antichi, ma ancora presenti, facendo apparire immagini remote in un’ambientazione visionaria e simbolica.

Partendo dal reale, reiventato in chiave fantastico-allegoria, l’artista riconsegna ai luoghi una sorta di referenza araldica che investe gli abitanti di questi spazi solitari, proponendone la dignità, ridisegnandone la discendenza, l’appartenenza a una stirpe, la continuità, restituendo agli esclusi dalla cultura la coscienza del proprio destino.