Ettore Frani – Nel lucido buio – Fondazione La Verde La Malfa – San Giovanni La Punta
26 settembre 2020 – Opening / Ettore Frani “Nel lucido buio”
orario 18.45 – 22
Ettore Frani
Nel lucido buio
a cura di Giorgio Agnisola
Nel lucido buio
a cura di Giorgio Agnisola
Opening / 26 settembre 2020 ore 18.45 – Ingresso libero
– Dal 27 settembre 2020 all’11 aprile 2021 visite su prenotazione – Ingresso a pagamento
Informazioni e prenotazioni:
Tel. 0957178155 | +39 3385078352
info@fondazionelaverdelamalfa.com www.fondazionelaverdelamalfa.com
https://www.facebook.com/FondazioneLaVerdeLaMalfa/
Dal 26 settembre 2020 all’11 aprile 2021 la Fondazione La Verde La Malfa – Parco dell’Arte ospita la mostra “Nel lucido buio” di Ettore Frani, a cura di Giorgio Agnisola, promossa e ideata dal presidente della Fondazione Alfredo La Malfa e da Dario Cunsolo, con il patrocinio del Comune di San Giovanni La Punta (CT).
Originario di Termoli (CB), Ettore Frani in questa sua personale propone sedici opere, alcune appositamente realizzate per la mostra, che ne attestano non soltanto il grande talento, gratificato negli ultimi anni da una lunga serie di pregevolissimi eventi espositivi, ma disvelano l’ennesima tappa di un percorso artistico che brama indagare sul senso della vita, anche quando appare incomprensibile e ricco di contraddizioni.
Una scelta non casuale quella di Frani, una scelta che, in questi mesi vissuti all’ombra di un male che ha letteralmente corroso tutte le nostre certezze, ben si lega, come ricorda il presidente Alfredo La Malfa, a quello che è sempre stato, nei suoi dodici anni di vita, l’interesse principale della Fondazione, a partire anche dalle creazioni e da tutte le felici intuizioni della sua fondatrice, Elena La Verde, e cioè «un volersi immergere nel profondo dell’esistenza per cercare un senso alla stessa».
A suggellare tale lettura del lavoro del giovane artista molisano trapiantato sulla costa laziale (vive e lavora a Lido di Ostia), contribuiscono le parole del curatore Giorgio Agnisola, il quale ci ricorda che Ettore Frani «compie nell’opera un vero e proprio viaggio spirituale. Anche se è vivo nella sua pittura il senso dell’oltre e della sintesi simbolica dei motivi che a quell’oltre si legano nel riflesso della coscienza e della intuizione, egli non mira ad una definizione sacrale della forma o ad una estatica contemplazione. Nella sua arte c’è soprattutto un forte respiro umano, esistenziale. Lo si avverte in particolare nel profilo dei volti e nei titoli dei dipinti, caratterizzati da un senso di intima partecipazione e di vigile attesa. Quella di Frani è in realtà una ricerca di senso, vissuta come avventura dello sguardo, come profonda riflessione, come intima rivelazione. Il suo esperto lavoro di pittore ha dunque anche un significato simbolico. E simboliche sono molte sue immagini, veri e propri luoghi della ricerca umana e psicologica e infine religiosa, di fronte al mistero della vita».
I dipinti di Ettore Frani sfuggono dunque ad una facile catalogazione e, sospesi tra realismo fotografico ed inquieta astrazione, diventano vere e proprie riflessioni sulla luce in cui l’osservatore più attento ritroverà echi di Leonardo e Caravaggio.
«In principio è il nero, un nero lucido d’avorio, che Frani incide, graffia, asporta, leviga con infinita pazienza ed incredibile tecnica. Il suo è un lento, misuratissimo ed ispirato lavorìo di affioramento del bianco sottoposto al nero, creando figure, forme, contesti immersi in un profondo silenzio. Ab origine tutto è come nascosto, da scoprire, rivelare; l’occhio dell’artista penetra, indaga in cerca di luce, di essenza, con un animo vicino alla preghiera, invitando l’osservatore ad incamminarsi verso la medesima esplorazione», scrive Agnisola che, poi, sottolinea come nell’arte di Frani non vi sia una tensione oppositiva a segnare la dialettica buio-luce. «Neppure il segno della sua arte è il semplice emergere di quest’ultima nel buio della vita. È piuttosto nel comporsi delle forme, nel loro prendere corpo cioè che l’arte di Frani acquista significato: dominata da un silenzio carico di sguardi ulteriori, vincolati ad una sorta di infinito ascolto, come si è scritto, interno ed esterno, in cui pare condensarsi il senso stesso dell’esistenza».
In conclusione, “Nel lucido buio” rappresenta il ritorno all’attività dopo il lockdown e le varie restrizioni dovute al coronavirus, un ritorno la cui importanza, come ci ricorda Alfredo La Malfa, va di pari passo con il messaggio che l’opera di Frani veicola: «Non potevo non presentare una personale di Frani nella Fondazione che guido. Siamo invasi da una tendenza che fa dell’arte un veicolo di eccellenza del pensiero dominante, che facilmente pretende l’unicità in ogni spazio della cultura. Si cerca in tutti modi di relegare l’uomo di oggi in una terra algida, vuota, dove l’unico elemento di riferimento è l’io, e il cammino auspicato è orientato esclusivamente alla solipsistica “ricerca del sé”. Ma la nostra esistenza, se non viene illuminata da una meta estranea al divenire, diventa come un’isola, al cui centro si dirama un labirinto che gradualmente disperde gli uomini, perché strappa loro la “nostalgia” di un approdo verso cui ritornare. Frani non si è piegato al vento dominante: con le sue opere ricorda che l’uomo recupera se stesso solo quando si mette in cammino, non in una ricerca solitaria e tautologica attorno a se stesso, ma verso una meta che risiede oltre la terra in cui l’uomo vive».
“Nel lucido buio” di Ettore Frani rimarrà in permanenza fino all’11 aprile 2021 e sarà visitabile su prenotazione da settembre 2020 ad aprile 2021 negli spazi della Fondazione La Verde La Malfa – Parco dell’Arte, istituzione attiva nella valorizzazione dei quattro fondi patrimoniali di cui dispone (il Parco dell’Arte che fa parte del circuito di Grandi Giardini Italiani; la sezione di opere d’arte moderna e contemporanea; la collezione di abiti d’epoca e quella di libri antichi) e nella promozione artistica attraverso l’organizzazione di attività ed eventi culturali.
Una scelta non casuale quella di Frani, una scelta che, in questi mesi vissuti all’ombra di un male che ha letteralmente corroso tutte le nostre certezze, ben si lega, come ricorda il presidente Alfredo La Malfa, a quello che è sempre stato, nei suoi dodici anni di vita, l’interesse principale della Fondazione, a partire anche dalle creazioni e da tutte le felici intuizioni della sua fondatrice, Elena La Verde, e cioè «un volersi immergere nel profondo dell’esistenza per cercare un senso alla stessa».
A suggellare tale lettura del lavoro del giovane artista molisano trapiantato sulla costa laziale (vive e lavora a Lido di Ostia), contribuiscono le parole del curatore Giorgio Agnisola, il quale ci ricorda che Ettore Frani «compie nell’opera un vero e proprio viaggio spirituale. Anche se è vivo nella sua pittura il senso dell’oltre e della sintesi simbolica dei motivi che a quell’oltre si legano nel riflesso della coscienza e della intuizione, egli non mira ad una definizione sacrale della forma o ad una estatica contemplazione. Nella sua arte c’è soprattutto un forte respiro umano, esistenziale. Lo si avverte in particolare nel profilo dei volti e nei titoli dei dipinti, caratterizzati da un senso di intima partecipazione e di vigile attesa. Quella di Frani è in realtà una ricerca di senso, vissuta come avventura dello sguardo, come profonda riflessione, come intima rivelazione. Il suo esperto lavoro di pittore ha dunque anche un significato simbolico. E simboliche sono molte sue immagini, veri e propri luoghi della ricerca umana e psicologica e infine religiosa, di fronte al mistero della vita».
I dipinti di Ettore Frani sfuggono dunque ad una facile catalogazione e, sospesi tra realismo fotografico ed inquieta astrazione, diventano vere e proprie riflessioni sulla luce in cui l’osservatore più attento ritroverà echi di Leonardo e Caravaggio.
«In principio è il nero, un nero lucido d’avorio, che Frani incide, graffia, asporta, leviga con infinita pazienza ed incredibile tecnica. Il suo è un lento, misuratissimo ed ispirato lavorìo di affioramento del bianco sottoposto al nero, creando figure, forme, contesti immersi in un profondo silenzio. Ab origine tutto è come nascosto, da scoprire, rivelare; l’occhio dell’artista penetra, indaga in cerca di luce, di essenza, con un animo vicino alla preghiera, invitando l’osservatore ad incamminarsi verso la medesima esplorazione», scrive Agnisola che, poi, sottolinea come nell’arte di Frani non vi sia una tensione oppositiva a segnare la dialettica buio-luce. «Neppure il segno della sua arte è il semplice emergere di quest’ultima nel buio della vita. È piuttosto nel comporsi delle forme, nel loro prendere corpo cioè che l’arte di Frani acquista significato: dominata da un silenzio carico di sguardi ulteriori, vincolati ad una sorta di infinito ascolto, come si è scritto, interno ed esterno, in cui pare condensarsi il senso stesso dell’esistenza».
In conclusione, “Nel lucido buio” rappresenta il ritorno all’attività dopo il lockdown e le varie restrizioni dovute al coronavirus, un ritorno la cui importanza, come ci ricorda Alfredo La Malfa, va di pari passo con il messaggio che l’opera di Frani veicola: «Non potevo non presentare una personale di Frani nella Fondazione che guido. Siamo invasi da una tendenza che fa dell’arte un veicolo di eccellenza del pensiero dominante, che facilmente pretende l’unicità in ogni spazio della cultura. Si cerca in tutti modi di relegare l’uomo di oggi in una terra algida, vuota, dove l’unico elemento di riferimento è l’io, e il cammino auspicato è orientato esclusivamente alla solipsistica “ricerca del sé”. Ma la nostra esistenza, se non viene illuminata da una meta estranea al divenire, diventa come un’isola, al cui centro si dirama un labirinto che gradualmente disperde gli uomini, perché strappa loro la “nostalgia” di un approdo verso cui ritornare. Frani non si è piegato al vento dominante: con le sue opere ricorda che l’uomo recupera se stesso solo quando si mette in cammino, non in una ricerca solitaria e tautologica attorno a se stesso, ma verso una meta che risiede oltre la terra in cui l’uomo vive».
“Nel lucido buio” di Ettore Frani rimarrà in permanenza fino all’11 aprile 2021 e sarà visitabile su prenotazione da settembre 2020 ad aprile 2021 negli spazi della Fondazione La Verde La Malfa – Parco dell’Arte, istituzione attiva nella valorizzazione dei quattro fondi patrimoniali di cui dispone (il Parco dell’Arte che fa parte del circuito di Grandi Giardini Italiani; la sezione di opere d’arte moderna e contemporanea; la collezione di abiti d’epoca e quella di libri antichi) e nella promozione artistica attraverso l’organizzazione di attività ed eventi culturali.
Per l’occasione è stato realizzato un catalogo che propone un testo critico di Giorgio Agnisola corredato da fotografie di Paola Feraiorni.
Gli ingressi alla mostra saranno contingentati nel rispetto delle vigenti norme anti-COVID-19 e i visitatori, cui sarà fatto obbligo d’indossare la mascherina, saranno assistiti dal personale della Fondazione, che fornirà ogni informazione sulle regole di accesso.