Giovanni Morbin – Indispensabile – Museo Civico Archeologico del Settore Musei Civici – ART CITY Bologna
La mostra, curata da Daniele Capra, è costituita da una cinquantina di lavori di natura scultorea e documentativa realizzati dalla metà degli anni Ottanta a oggi, e da nuove performance realizzate da Morbin per l’occasione.
Le opere sono esposte negli spazi della sala dedicata alle mostre temporanee e nella Sezione preistorica del Museo Archeologico.
La mostra bolognese è l’ultimo di una serie di progetti espositivi che hanno visto in questi mesi Morbin – uno dei più importanti body artist italiani – protagonista in spazi istituzionali in Austria, Slovenia e Italia. Tali appuntamenti rappresentano la più ampia ricognizione mai dedicata alla sua ricerca, che si sviluppa per oltre quarant’anni a partire dagli esordi alla fine degli anni Settanta.
Indispensabile nasce dalla fascinazione di Morbin per alcuni dei reperti archeologici conservati nel Museo Civico Archeologico di Bologna, e in particolare per gli attrezzi e gli strumenti che l’uomo ha pensato e realizzato, sin dalla preistoria, per espletare le differenti necessità che via via si sono presentate. La mostra fornisce un focus sui lavori dell’artista dotati in maniera paradossale di funzioni che non rispondono però a necessità di ordine pratico, come di solito accade con gli utensili, quanto invece a finalità di natura espressiva. I lavori selezionati evidenziano infatti una particolare tendenza di Morbin a considerare l’opera come dispositivo necessario a espletare funzioni insolite di tipo concettuale o immaginarie.
I suoi strumenti – molti dei quali finalizzati alla manipolazione degli oggetti, al posizionamento del corpo, all’azione diretta o anche all’inazione – sono ‘impropri’ e non hanno una finalità reale effettiva e misurabile. Sfuggono sia alle classificazioni quanto alla stessa logica funzionale dell’utilità da cui essi stessi sono originati.
Tra i lavori della mostra la serie degli Attrezzi, centrali nella poetica dell’artista e realizzata alla fine degli anni Ottanta, costituita da Braccio rotto, Lascia, Manico T badile, che nascono dall’osservazione della vegetazione delle piante e di come essa sia sottesa dagli stessi vincoli strutturali e dalle stesse logiche cui l’essere umano è sottoposto, quali la gravità, la fragilità o la possibilità di riparazione in seguito a una rottura.
Scultura sociale (2003-2023) è invece costituita da elementi modulari semisferici in metallo liberamente componibili che si mettono in dialogo con ciò che esiste, accoppiandosi con sedie, tavoli, porte, armadi, o qualsiasi altro oggetto: è uno strumento ‘sociale’ proprio per la sua capacità di introdursi in un contesto e interagire con esso. Nel contempo il lavoro allude al superamento dell’idea di fissità e misurabilità tipica della scultura rendendo impossibile la vista dell’opera nella sua interezza, facendone un atipico strumento sociale, nei fatti incompleto e atomizzato.
Fra le opere più recenti, Manomissore (2023) è un volume in cemento osseo che rappresenta lo spazio vuoto tra le mani dell’artista a riposo. È una scultura che nasce da calco antropometrico, ed evidenzia l’interesse di Morbin nei confronti della postura e delle abitudini comportamentali e, allo stesso tempo, è uno strumento potenziale atto ad accrescere il proprio corpo in una condizione di inazione. Similmente anche Manmano (2023-2024) nasce attraverso un calco ed è il frutto della compressione di una porzione di argilla tra le mani per il tempo minimo necessario. L’opera è la testimonianza di una forza applicata su entrambi i lati, ma anche l’effetto dell’azione di due strumenti espressivi fondamentali: le mani.
Tra gli attrezzi, infine, Strumento a perdifiato (1996) è un’opera di ottone, simile al corno che si usa nelle orchestre classiche, a disposizione dello spettatore che è invitato a parlare e ad ascoltare la propria voce. È una scultura che mette in atto una comunicazione senza un destinatario, poiché permette in maniera paradossale di usare il fiato per un interlocutore invisibile ma presente: se stessi.
Indispensabile è corredata da un catalogo, che sarà pubblicato nel corso della mostra, con le immagini dell’allestimento, testi di Daniele Capra, Denis Isaia, e una conversazione tra Giovanni Morbin e Simone Menegoi.
La mostra è realizzata in collaborazione con Settore Musei Civici Bologna | Museo Civico Archeologico, con il supporto di Galerie Michaela Stock.
Giovanni Morbin (Valdagno, Vicenza, 1956) si diploma all’Accademia di Belle Arti di Venezia dopo aver seguito il corso di pittura nel laboratorio di Emilio Vedova. Dalla fine degli anni Settanta la sua ricerca è legata allo studio del comportamento, che viene preso in esame attraverso performance realizzate in prima persona dall’artista e da opere di natura scultorea, che spesso assumono la forma di oggetti funzionali assurdi e destabilizzanti. Ha realizzato performance ed esposto presso Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia; Galerija Vžigalica, Lubiana (SLO); Centro d’Arte Lazareti, Dubrovnik (HR); Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto; Museo di Villa Croce, Genova; Quadriennale, Roma; MMSU Museo di Arte Moderna e Contemporanea, Rijeka (HR); Museo Marino Marini, Firenze; Cabaret Voltaire, Zurigo (CH); Galleria Civica, Trento; Macro, Roma; Centrale Fies, Dro; KCB Centro Culturale Beograd, Belgrado (SRB); Fondazione Berengo, Venezia; Fabbrica Rosa Ex Archivio Szeemann, Locarno (CH); Palazzo Forti, Verona; Museo MAGA, Gallarate; Mestna Galerija, Lubiana (SLO); Viafarini, Milano. Vive e lavora a Cornedo Vicentino