Guglielmo Mattei – Fragmenta – Galleria Vittoria – Roma
Fragmenta
di Guglielmo Mattei
Mercoledì 16 Marzo alle ore 18 inaugura Fragmenta di Guglielmo Mattei la mostra a cura di Tiziana Todi, testo di Clara Rech in Galleria Vittoria a via Margutta 103
Guglielmo Mattei inizia il percorso della sua mostra personale con una Roma deserta, silenziosa che definisce “Paesaggi dalla fine del mondo”, li popola lentamente fino a condurci in spazi interni, intimi, caldi Le sue opere sono percorsi immersivi che si frequentano quotidianamente e che si percepiscono in maniera familiare. Con pitture classiche Guglielmo Mattei si apre a un dialogo sperimentale raccontando una Roma stratificata da secoli di storia con un linguaggio formale e contemporaneo al tempo stesso, fatto di carte sovrapposte e pitture, creando un dialogo tra materia e colore.
Scrive Clara Rech di Guglielmo Mattei:
[…]Nella maturità della stagione artistica cui si ispira questa mostra personale di Guglielmo Mattei, la scelta tecnica è particolarmente importante. L’artista usa la carta lavorata – strappata, bruciata, bagnata – col colore acrilico o ad olio. La carta è substrato, diaframma tra tela e colore, ma ritorna anche ad opera finita, allorché l’artista la strappa, la lacera, la brucia o la re-incolla per formare nuove forme, nuovi oggetti.
La carta è, al contempo, materia, struttura e forma potenziata dal colore.
Lo strappo in Mattei è lacerazione, sì, ma anche occasione di vedere altra vita sotto la ferita, perché laddove la carta si lacera, emerge una nuova e sorprendente forma che va a combinarsi con quelle limitrofe creando un nuovo scenario, compresente col vecchio di partenza.
La realtà che cattura l’interesse di Mattei è quella frequentata dall’artista: Roma, i luoghi dove si svolge la sua vita, i luoghi del lavoro. Ciò significa che è importante che l’oggetto dell’arte sia qualcosa per cui l’autore ha inter-esse. Il legame affettivo è fondamentale affinché la veduta si trasformi in visione e si squarci il velo di Maya che cela la verità oltre la realtà. Anche in questo senso, attore della percezione e cosa percepita sono interdipendenti.
Non è un realismo tout-court, per il quale ogni oggetto su cui cada l’occhio dell’artista è degno di essere raffigurato. È un ‘realismo esistenziale’, in cui al frammento di realtà si lega indissolubilmente il sentimento che ne scaturisce. L’uomo e la natura appaiono così connaturati.
L’artista sembra dirci che ogni parte di realtà, anche quella minore, può svelare una sua bellezza intima che, grazie all’artista, diviene palese e sfolgorante. […]
Per ovviare alle restrizioni causate dall’emergenza sanitaria in corso, la Galleria Vittoria vi aspetta tutti i giorni dal lunedì al venerdì, dalle 15 alle 19, per appuntamento via mail all’indirizzo info@galleriavittoria.com
Titolo “Fragmenta”
Artista Guglielmo Mattei
Curatore Tiziana Todi
Inaugurazione Mercoledì 16/03/2022 ore 18:00
Dal 16/03 al 26/03 2022
Orari galleria 15:00-19:00 – Fuori orario su appuntamento
Sito www.galleriavittoria.com
Telefono 06.36001878
La mostra sarà visitabile sul sito della Galleria in formato digitale a partire dal 17/03/2022
L’arte di svelare l’esistenza
Clara Rech*
Che cosa è l’arte? Che cosa è arte?
Domande di sempre, oggi più difficili che mai.
Prima del ‘Secolo breve’ forse esistevano paradigmi possibili in cui ritrovarsi d’accordo nel dare una risposta. Ma già con il Realismo e poi con l’Impressionismo cominciano a prendere corpo correnti in aperta polemica con l’arte accademica. Prima di allora esistono certo casi di artisti rifiutati: uno per tutti, Caravaggio. Ma si tratta di casi, appunto.
Il grande capovolgimento di valore è avvenuto solo nel Novecento, con il Dadaismo.
È stato allora che è stato messo a fuoco un semplice quanto cristallino concetto: ogni oggetto può essere artistico se sottratto alla banalità cui lo confiniamo, al ‘dover essere’, al poter avere un solo significato. È una questione mentale, concettuale; è una questione di punto di vista, dunque di interpretazione e, come tale, assai relativa.
Impossibile assolutizzare, impossibile definire una volta per tutte e per tutti validamente. Da quel momento si sono aperte possibilità infinite per l’arte e altrettanti rischi.
Possibilità di allargare il senso delle opere in modo illimitato.
Possibilità di sperimentare tecniche senza confini.
Possibilità di svincolarsi da qualsivoglia canone.
Rischio di mistificazioni dettate dalle logiche economiche del mercato.
Rischio di dipendere dal pensiero dei critici.
Rischio di incomunicabilità.
Quello che non è cambiato è che un’opera d’arte, qualsiasi essa sia, è in grado di essere una testimonianza dell’epoca che l’ha prodotta. Una fonte storica primaria e insostituibile per la carica ad un tempo logico-razionale e intuitivo-emozionale che connota la creazione artistica.
Nel nostro tempo l’esplosione dei linguaggi artistici ha generato una galassia di forme d’arte in cui ognuno può trovare il suo posto e può offrire la sua chiave di decrittazione del mondo.
La passione per la pittura di Guglielmo Mattei nasce da uno sguardo impegnato sulla realtà. Scene che sono quotidianamente sotto gli occhi di tutti e sui cui gli occhi dei più sorvolano distratti, per lui sono grumi di umanità che meritano scandaglio, analisi, riflessione.
Nella generale distrazione, nel volo di superficie che tutti – chi più chi meno -riserviamo alla realtà, presi come siamo da mille richiami, mille input, mille segnali sensoriali, c’è chi è ancora in grado guardare con occhi interessati, di ascoltare facendo risuonare in sé, di toccare con gesto di cura, di odorare senza assuefazione, di assaporare senza ingurgitare.
Sono gli artisti, i decodificatori di significati, che offrono a noi tutti la possibilità di riflettere e di pensare sull’importanza di ogni frammento con un linguaggio universale quale è quello delle immagini. È loro la capacità di scoprire, ossia di vedere terre vecchie con occhi nuovi.
In questo processo creativo la tecnica non è mai indifferente alla riuscita dell’opera. Non lo è per il risultato ma neppure per le motivazioni dell’artista.
Nella maturità della stagione artistica cui si ispira questa mostra personale di Guglielmo Mattei, la scelta tecnica è particolarmente importante. L’artista usa la carta lavorata – strappata, bruciata, bagnata – col colore acrilico o ad olio. La carta è substrato, diaframma tra tela e colore, ma ritorna anche ad opera finita, allorché l’artista la strappa, la lacera, la brucia o la re-incolla per formare nuove forme, nuovi oggetti.
La carta è, al contempo, materia, struttura e forma potenziata dal colore. Mattei procede anche alla sua lacerazione strappandola. Non si tratta di uno strappo-negazione, simbolo di morte, ma di uno strappo-affermazione, simbolo di rinascita. Ciò è reso evidente dal fatto che l’artista non agisce in modo casuale o con l’intento di deturpare l’immagine. Il frammento è strappato non per essere gettato, ma in vista di assumere una nuova posizione nello spazio della tela arricchendo il senso dell’immagine.
Dal Dadaismo fino all’Informale abbiamo una molteplicità di riferimenti artistici per tecniche come il collage, il decoupage (Duchamp, Picasso, Schwitters, Rotella, Rauschenberg) e per il riuso di rifiuti, che siano cose conservate (Schwitters) o trovate (Rauschenberg).
Non è quindi una novità per le poetiche della materia e del gesto che lo scarto, il rifiuto, acquisti un significato imprevisto, una vita nuova grazie all’arte, assumendo il peso specifico della realtà di cui è testimonianza, nel caso degli oggetti trovati, o della vita nel caso degli oggetti conservati, cui rimane attaccato il ricordo dell’evento da cui sono stati originati.
Lo stesso Mattei riconosce che nella sua azione si va così scoprendo che l’arte ha il potere di redimere lo scarto, farlo sopravvivere, anzi vivere una nuova e diversa vita. Nel suo caso però non si tratta di una semplice raccolta di scarti che assumono nuovi significati. Qui lo scarto si integra con la materia nobile: la tela, il colore, la forma raffigurata e riconoscibile. Questo rapporto vitalizza entrambi: ri-valorizza l’uno, carica di vita e memoria l’altra.
Lo strappo in Mattei è lacerazione, sì, ma anche occasione di vedere altra vita sotto la ferita, perché laddove la carta si lacera, emerge una nuova e sorprendente forma che va a combinarsi con quelle limitrofe creando un nuovo scenario, compresente col vecchio di partenza.
L’artista sembra dirci che ogni parte di realtà, anche quella minore, cela e può svelare una sua bellezza intima che, grazie all’artista, diviene palese e sfolgorante.
È un tempo interiore e sottostante quello raffigurato: interiore non solo all’artista che lo sta creando ma anche a quello della porzione di realtà raffigurata che svela la sua vita presente ma pure le molte vite che possono sottostare ad essa. In questo palinsesto, la dimensione temporale è segmentata, non continua: come se tanti tempi diversi, passati e in divenire si mostrassero simultaneamente.
La carta è anche una sorta di diaframma tra il pittore e la superficie di elezione della pittura: la tela. L’autore ha una forma di pudore ad operare direttamente su di essa. Nella consapevolezza della propria formazione non accademica, Mattei trova la facoltà di poter agire liberamente, di trovare la sua strada, divertendosi ad attraversare le grandi stagioni dell’arte passata, come pure il suo presente, senza i condizionamenti di una formazione canonica, trasformandola così in un punto di forza.
Sotto il profilo iconografico, all’autore interessano scenari noti e a lui legati affettivamente. Paesaggi urbani, interni domestici, in cui può comparire anche una figura umana, un cane. Queste presenze non sono però mai necessarie per giustificare il quadro, non sono il centro dell’interesse dell’occhio dell’artista. L’essere animato lo è tanto quanto una pianta, un motociclo, un palazzo, un tram o un’automobile. Se compare la figura umana, questa ha sempre il volto celato o strappato: una presenza non identitaria di quel frammento di realtà.
Tutto è grumo cromatico racchiuso in una forma, tutto è fulcro di interesse per il pittore. In alcuni casi, come in Via Satrico o Via Taranto, ancor più espliciti si fanno i riferimenti alla macchia; in altri ci si muove più coraggiosamente verso un abbandono della griglia spaziale a priori per lasciare che sia solo il colore a costruire il paesaggio (Cecchignola) facendo prevalere il dato percettivo su quello cognitivo, per arrivare ad una maggiore essenzializzazione del soggetto, sempre più privo di particolari aneddotici, che sfiora l’astrattismo ma non è mai astrazione (San Lorenzo). In ogni caso, l’autore riesce a comunicarci l’importanza che ha per lui quel determinato squarcio di realtà, anche grazie al grande formato di alcune opere.
In altri paesaggi spesso compare una porta sbarrata che però può essere visto anche come un rettangolo marrone insieme ad altre campiture di forma-colore. Questo simbolo di chiusura è compensato da altre forme che sembrano aprirsi ad altri finali di questa lettura esistenziale, come nel caso del frammento staccato e incollato combinando i colori alla rovescia in Garbatella, dove va a legare due zone del quadro, un al di qua con un al di là del muro di recinzione. Altrettanto avviene in Giulio Cesare I tra muro e cielo.
Anche angoli di strade periferiche che solitamente appaiono brutte, se non squallide e degradate, svelano una loro bellezza (Prenestina, Ostiense) fatta di armonie di luce-colore-forma, dinamismo immobile.
La realtà che cattura il suo interesse è quella frequentata dall’artista: Roma, i luoghi dove si svolge la sua vita, i luoghi del lavoro. Ciò significa che è importante che l’oggetto dell’arte sia qualcosa per cui l’autore ha inter-esse. Il legame affettivo è fondamentale affinché la veduta si trasformi in visione e si squarci il velo di Maya che cela la verità oltre la realtà. Anche in questo senso, attore della percezione e cosa percepita sono interdipendenti. Non è un realismo tout-court, per il quale ogni oggetto su cui cada l’occhio dell’artista è degno di essere raffigurato. È un ‘realismo esistenziale’, in cui al frammento di realtà si lega indissolubilmente il sentimento che ne scaturisce. L’uomo e la natura appaiono così connaturati.
Lo strappo della carta è allora un’operazione di disvelamento cui l’artista pone termine solo nel momento in cui l’immagine originaria non ha più niente da dire.
Sarebbe interessante far parlare anche la Roma monumentale e far apparire ciò che si cela dietro la maestosità delle sue forme più note.
Ma sembra che per Mattei, come indicò Schopenhauer (1851), la verità si sveli nei parerga e nei paralipomeni dell’esistenza, in ciò che si ritiene inutile e quindi si tralascia, nelle pieghe del discorso, nelle zone di confine, laddove non si sta in posa, laddove si riesce a deporre la maschera e la vita quotidiana, quella vera, ha il coraggio di mostrarsi, come nelle ballerine di Degas sorprese, quasi spiate, sempre nel retro del palcoscenico.
Tra i riferimenti alla grande pittura del passato, rientrano le Demolizioni di Mario Mafai degli anni Trenta che, negli sventramenti dei quartieri e dei palazzi, svelano gli interni e gli spazi della vita. L’intimità degli interni, spudoratamente esposta, si sublima in macchie di forma-colore e viene riscattata da una inaspettata bellezza, non tanto per gli accordi cromatici, quanto per il significato etico e per il dolore da cui nascono. Divengono simbolo, come dice Mafai stesso, delle continue demolizioni di tutto ciò che era appartenuto all’Ottocento e di cui egli era stato testimone oculare, come quando vide cadere a pezzi, uno ad uno, i muri della sua casa e divenire calcinaccio e polvere.
La riflessione di Mattei affonda le sue radici palesi anche in altri temi già variamente indagati nel secolo scorso. Espliciti sono i riferimenti talora alla metafisica (Garbatella), all’espressionismo (Prenestina), e, per venire in ambito locale, alla Scuola di Via Cavour e, in generale, alla Scuola Romana, come si è già detto. Ma quelle suggestioni sono calate nel presente, nella situazione che oggi vive l’autore e noi con lui. Resta fondamentale, infatti, l’esigenza che esista un legame affettivo tra artista e immagine che sollecita la sua retina e, ancor di più, la sua memoria.
La sua sembra essere una poetica della forma-colore che raffigura l’oggetto primo referente ma anche altro: le immagini possono essere viste per il loro significato principale, esplicitato dai titoli, ma anche solo nelle forme delineate, e cioè secondo geometrie nuove che compaiono nel quadro secondo una logica puramente percettiva. Al riguardo è molto utile richiamare gli studi di Eric K. Kandel secondo cui la percezione visiva si fonda su un duplice meccanismo: bottom-up – dalla retina alla corteccia temporale e prefrontale del cervello – e top-down, quando il cervello elabora l’immagine con i dati già in suo possesso grazie alla memoria, secondo un processo chiamato inferenza. “La nostra capacità di trovare un significato a un’esperienza dipende interamene da questi segnali. La prima [bottom-up] è fondamentalmente la stessa per tutti gli osservatori di un’opera d’arte mentre la seconda [top-down] si basa su meccanismi che assegnano categorie e significati e sulla conoscenza precedente. Di conseguenza è unica per ogni osservatore” (E.K. Kandel, L’età dell’inconscio, Raffaello Cortina Editore, Milano 2012, pp. 304-305).
La memoria ha un ruolo critico anche per spiegare i principi gestaltici per cui, ad esempio, un’immagine ambigua può essere letta in più modi o possiamo credere di riconoscere immagini note nelle nubi o nei profili delle montagne. Consapevoli o no, questi principi sono alla base della nostra risposta emozionale all’arte sia a livello visivo che emotivo.
Questo riferimento è opportuno per capire la pittura di Mattei, dove troviamo una sorta di astrattismo concreto: la forma nota diviene astratta se letta solo come linee, forme o macchie di colore; resta concreta perché la forma non si disgiunge mai dal primo referente di significato, ma anche perché è sostanziata dalla materialità della carta-colore. (Garbatella, con chiari richiami alla metafisica contaminata con la pittura della macchia).
Come si è visto, la forma non è chiusa in sé stessa, ma aperta da lacerazioni che sono anche occasioni di contaminazione con l’altro da sé (Giulio Cesare II dove l’angolo formato da due pareti e il cielo soprastante sono anche leggibili come tre triangoli legati dal colore: due primari e il secondario da essi derivante).
Il nostro tempo è contrassegnato dall’implosione di valori secolari, dal moltiplicarsi delle concezioni del mondo e parallelamente dei linguaggi, dalle spinte verso la disgregazione o verso nuovi campi di aggregazione. Laceranti individualismi, del singolo o di gruppo, attraversano fluidamente il tempo presente sospeso tra pelagianesimo e gnosticismo: davanti ai nodi tragici dell’esistenza, l’umanità sta reagendo mostrando i muscoli, nella convinzione di potere tutto con le proprie forze; o rifugiandosi in vaghe tendenze spiritualistiche e misticheggianti di tipo sincretistico che altro non sono che il tentativo di superamento del tragico della storia con la fuga da essa, e non con l’incarnazione in essa che porta a trovare una soluzione dal di dentro, a redimere il guasto.
Davanti a questo scenario torna alla mente la chiave con cui un maestro di noi tutti, Giulio Carlo Argan, leggeva l’arte moderna. Per il grande storico dell’arte, ogni corrente artistica poteva essere fatta risalire a due categorie archetipe: classico o romantico. Possiamo allora chiederci se nella pittura di Mattei vi è un rapporto di armonico incontro tra uomo e natura o piuttosto l’uomo appare gettato in un mondo che lo rifiuta e non lo accoglie; se prevale il cosmo o il caos nell’universo; se il principio regolatore è il progetto o il caso; se prevale la ragione, il logos, o il sentimento, il pathos.
Riteniamo di poter rispondere che in Mattei vive sicuramente una mentalità fortemente classica evidente, anzitutto, nel fatto che la pars destruens è al tempo stesso pars costruens; è come se l’artista, sapesse nel suo intimo, forse anche nel suo inconscio, che c’è qualche certezza oltre ogni ragionevole dubbio. In questa non soffocata speranza nella vita, in un divenire che non è mai negazione ma trasformazione, risiede il classicismo di Mattei. Tra uomo e natura può esservi dissidio, talvolta incomunicabilità, e quindi può generarsi solitudine e inquietudine. Ma il legame non si interrompe mai, il dialogo tra micro e macrocosmo continua a inter-essere. Tra Mattei e il mondo il rapporto è critico, nel senso greco del termine: in ogni momento, ad ogni angolo dell’esistenza, occorre fare una scelta, occorre operare un discernimento per trovare una possibilità di vivere e non accontentarsi di sopravvivere, cioè per essere persone.
L’artista riflette sul fatto che l’umanità è sempre sospesa in una zona di limite, di “fine del mondo”: tra luce e ombra, tra bene e male, tra vita e morte, eternamente impegnata a percorrere un’ellisse infinita i cui fuochi sono l’assolutizzazione, l’esaltazione di sé o la negazione di sé. Ma la soluzione è saper andare oltre la logica bidimensionale. Infrangere il piano e aggiungere ad esso la dimensione dell’altezza, della profondità; unire alla dimensione orizzontale anche quella verticale. Come in Di notte, dove il buio dell’ignoto e la luce delle finestre sono legati da un rapporto di necessità e si donano reciproco significato.
La storia percorsa in questo modo non perde mai la concretezza della vita, che è l’orizzonte nel quale la persona è tenuta a operare; ma acquisisce una prospettiva e una meta che, anche se per intervalla insaniae, orienta il proprio agire e ne illumina l’impegno.
L’enigma, che interpella l’intelligenza, si apre al mistero che riguarda l’esistenza.
** Storica dell’Arte, Presidente ANISA
iografia
Guglielmo Mattei (Roma 1988) è sia pittore che professore di Lettere.
Dopo aver conseguito il dottorato in Letteratura Latina nel 2017, insegna Latino e Greco presso il Liceo ‘Giulio Cesare’ di Roma. La pittura rimane tuttavia la sua più antica e grande passione, fin da quando conobbe l’arte con il nonno e il papà.
Allievo del maestro Elio Mazzella, tra il 2017 e il 2019 ha portato avanti due ricerche parallele: da una parte, ha approfondito l’indagine della realtà con opere prettamente figurative, giungendo nel maggio del 2019 a illustrare la guida ufficiale dell’evento ‘Cortili aperti Roma’, a cura di ADSI; dall’altra, si è incamminato verso orizzonti più informali con la serie Sopravvivenze. A partire dal 2020 si è concentrato sulla produzione figurativa, con le serie dei Paesaggi romani, dei Mesi a Roma, degli Estivi, dei Ritratti sospesi.
È membro del collettivo STRUTTURA. Vive e lavora a Roma.
Premi
– XXXI Edizione del Premio di pittura La scaletta, presso il Polo espositivo ‘Juana Romani’ di Velletri, RM (25 settembre-3 ottobre 2021). A cura di Alessandro Filippi
– I Edizione di Cammini di fede, presso l’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata, RM (21-29 settembre 2019). A cura di Alessandra Pasqualucci e Laura Giovanna Bevione.
– I Edizione del Rospigliosi Art Prize, presso il Palazzo Rospigliosi di Zagarolo, RM (21-29 aprile 2018). A cura di Tiziano M. Todi. Vincitore nella categoria ‘Under 30’.
Mostre personali
Arboreto privato, presso Villa Mergè di Frascati, RM (4 ottobre 2020: X Giornata nazionale ADSI). A cura di Patrizio Mario Mergè.
Partire e ritornare, presso il Chiostro degli Agostiniani di Bracciano, RM (30 agosto – 1 settembre 2019). A cura di Roberta Leoni.
Tra palazzi e cortili, presso Palazzo Malvezzi Campeggi di Roma (18-19 maggio 2019); mostra allestita in concomitanza con l’evento ‘Cortili aperti Roma 2019’, a cura della ADSI; è stata pubblicata la guida dell’evento, con testi di Patrizio Mario Mergè e illustrazioni di Guglielmo Mattei.
Sguardi dal futuro, presso “Anticafé” di Roma (11 novembre-9 dicembre 2016). Presentazione critica di Maria Giuseppina Di Monte
Il gusto dell’incontro, bipersonale con Camilla Mazzella presso “Anticafé” di Roma (16 giugno-10 luglio 2016). Presentazione critica di Clara Rech
Artisti tra due ponti, bipersonale con Camilla Mazzella presso la Galleria “Arte & Dintorni” di Napoli (2-7 maggio 2015), a cura di Luigi Grossi. Presentazione critica di Nino D’Antonio.
Selezione delle esposizioni collettive
Scusate siamo aperti, presso il Teatro Talìa di Tagliacozzo, AQ (18 dicembre 2021-8 gennaio 2022). A cura di Arianna Sera, in collaborazione con Spazio Hangar
1a Edizione della Biennale d’Irpinia (‘Quaranta’), presso il Complesso Monumentale di santa Maria della Neve a Montella, AV (7-14 Agosto 2021). A cura di Stefano Volpe, presentazione critica di Maria Rosaria di Virgilio
4a Edizione del Premio ‘Dalla Venere alle Veneri’, presso il Museo di Genga ‘Arte, Storia e Territorio’, AN (20 luglio – 24 ottobre 2021)
115a Edizione dei Cento Pittori di Via Margutta, presso la Galleria ‘Vittoria’ (Via Margutta 103, Roma, 10-13 giugno 2021)
A riveder le stelle, presso la ‘IkiGai Art Gallery’ di Roma (10-20 febbraio 2021). A cura di Alessia Ferraro.
XXXII Edizione del Porticato Gaetano (tema: “Globalizzazione”), presso la Pinacoteca Comunale di Gaeta, LT (31 gennaio – 28 febbraio 2021).
XLVII Premio Sulmona: ‘Per Gaetano Pallozzi’, presso il Polo Museale Civico Diocesano di Sulmona, AQ (7 novembre-5 dicembre 2020). Presentato dal critico Cosimo Savastano.
Sensum 3a ed., presso la ‘IkiGai Art Gallery’ di Roma (27 ottobre-4 novembre 2020). A cura di Fabio Matthew Lanna, Karima Ruzzi e Alessia Ferraro. RAW – Rome Art Week 2020.
Insolito Fellini… una donna sconosciuta, presso il MUVIS di Castiglione in Teverina, VT (5-20 settembre 2020). A cura di Paolo Berti, Matteo Franceschini, Auser Tuscia
Contemporanea ventiventi, presso il Palazzo Ducale di Tagliacozzo, AQ (9-29 agosto 2020). A cura di Emanuele Moretti.
Le mascherine della Vittoria, a cura di Tiziano Todi (Galleria ‘Vittoria’ di Roma): inaugurazione della mostra on-line il 27 aprile 2020; inaugurazione dell’esposizione presso l’Istituto ‘Lazzaro Spallanzani’ di Roma il 26 novembre 2020.
Nature Utopia, presso lo ‘Spazio Faro’, Roma (23 febbraio-20 marzo 2020). A cura di Fabio Matthew Lanna e Karima Ruzzi.
Immaginare Leonardo. III parte, presso la Galleria ‘Vittoria’, Roma (16-23 dicembre 2019). A cura di Tiziana Befani e Tiziana Todi.
Cristo, presso le Scuderie del Palazzo Chigi di Soriano nel Cimino, VT (30 novembre-8 dicembre 2019). A cura di Paolo Berti.
Immaginare Leonardo. II parte, presso Palazzo Genovese, Salerno (23-28 novembre 2019). A cura di Tiziana Befani e Tiziana Todi.
XXXI Edizione del Porticato Gaetano (tema: “Storie pubbliche, Storie private, Microstorie”), presso la Pinacoteca Comunale di Gaeta, LT (16 novembre 2019-20 gennaio 2020).
II Edizione del Rospigliosi Art Prize, presso il Palazzo Rospigliosi di Zagarolo, RM (12-18 maggio 2019). A cura di Tiziano M. Todi.
Splash – Un tuffo nell’eros, presso le Scuderie del Palazzo Chigi di Soriano nel Cimino, VT (4-26 maggio 2019). A cura di Paolo Berti.
Roma Nuova Scuola, presso il ‘Club Après’ di Roma, Borgo Angelico 18 (5 dicembre 2018-5 gennaio 2019). A cura di Gabriele Naddeo.
XXX Edizione del Porticato Gaetano (tema: “Lo spazio e il tempo della memoria”), presso la Pinacoteca Comunale di Gaeta, LT (18 novembre 2018-13 gennaio 2019).
Quasi Quaranta, collettiva in ricordo del Terremoto dell’Irpinia, presso il Castello Cavaniglia di Bagnoli Irpino, AV (24 novembre-2 dicembre 2018). Presentazione critica della prof.ssa Maria Rosaria Di Virgilio.
Genesis, presso la Galleria ‘Vittoria’ (Roma, Via Margutta 103. 22-27 ottobre 2018, Rome Art Week). A cura di Tiziano M. Todi.
Il piacere nei libri: l’eros dagli ex libris ai libri d’artista, collettiva presso la Sala degli Angeli del Maschio Angioino di Napoli (9-24 giugno 2018). A cura di Gennaro Ippolito e Giovanna Donnarumma
Animalia, quadripersonale con Diego Baccello, Camilla Mazzella e Stefano Volpe, presso ‘Lab 116’ di Roma, Via dei Volsci 116 (8-23 giugno 2018). Presentazione critica di Valentina Mariani.
IV Edizione della Biennale d’Arte Contemporanea di Frosinone e Anagni, presso il Palazzo della Provincia di Frosinone (4-29 aprile 2018), a cura di Alfio Borghese.
I Edizione di Stregarti – Premio Arco di Traiano (tema: “Le streghe di Benevento”), presso il Palazzo Paolo V di Benevento (6 gennaio-11 febbraio 2018). Presentazione critica di Maurizio Vitiello.
XXIX Edizione del Porticato Gaetano (tema: “Periferie”), presso la Pinacoteca Comunale di Gaeta, LT (12 novembre 2017-10 gennaio 2018).
Voci di Roma, presso la Biblioteca “N. Mandela” a Roma, Via La Spezia 21 (24 ottobre-7 novembre 2017). Presentazione critica di Valentina Mariani.
IV Edizione della Biennale del Libro d’artista, presso Castel dell’Ovo, Napoli (19 agosto-4 settembre 2017), a cura di Gennaro Ippolito e Giovanna Donnarumma. Partecipazione con il libro “Carpe diem. Sette carmi di Orazio illustrati da G. M.”
III Edizione di Napoli Expò Art Polis, presso il PAN / Palazzo delle Arti di Napoli (26 luglio-26 agosto 2017), a cura di Daniela Wollmann. Esposta l’opera “Sopravvivenza”
Esposizione permanente dell’opera “Natività” presso il Museo Civico-Mostra del Presepe di Rivisondoli (AQ).
Intervento d’arte contemporanea “Quattro”: Aria, Acqua, Terra, Fuoco, presso il Museo della Civiltà contadina alla Masseria Luce di San Pietro a Patierno, NA (10 Ottobre 2014-10 settembre 2015). A cura di Gennaro Ippolito e Giovanna Donnarumma.
I Edizione della collettiva Napoli, Arte e Rivoluzione, presso la Biblioteca “B. Croce” al Vomero, Napoli (1-10 settembre 2014), a cura di Daniela Wollmann
Hanno scritto di lui:
Daniela Ricci (“Il Mattino”, 9 maggio 2015), Alfio Borghese (“La Provincia: quotidiano” di Frosinone, 12 novembre 2016), Cosimo Savastano (catalogo del XLVII Premio Sulmona, 2020), Paolo Berti (Il libro strano dell’arte, Premio Centro 2020), Maria Rosaria di Virgilio (catalogo della Biennale d’Irpinia, 2021)
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Roma, RM 00178
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