“I NUDI DI MICHELE ROSA” di Alfio BORGHESE
“I NUDI DI MICHELE ROSA”
di Alfio BORGHESE
(giornalista e critico d’arte)
L‘immagine prorompe sulla tela per contorni definiti e per macchie di colore: i verdi, i rosa, i gialli, l’ocra e più raramente il blu e i colori scuri, per una tavolozza naturale che si scioglie, liquida, trasparente dilaga nel quadro.
Le donne di Michele Rosa, provocanti e sensuali, peccaminose, proiettate fuori del tempo e dello spazio, sono lontane dal mondo classico delle veneri del Giorgione e di Tiziano, dalle femmine rinascimentali dalle linee tornite e dalle forme opulenti. Ma non sono accostabili anche all’ideale divinizzato del Botticelli e all’esaltazione vigorosa di Michelangelo, dalle forme toniche e mascoline. Il malizioso pennello di Michele Rosa traccia sfrenate fantasie di giovani corpi snelli e scattanti, in apparente abbandono, dalla provocante nudità esibita.
Un erotismo studiato di ragazze contemporanee, dai seni come boccioli di rosa; una sfacciata provocazione e un evidente compiacimento della propria bellezza. La voluttà dei corpi adagiati che desiderano essere contemplati e poi conquistati.
Michele Rosa, dopo il suo soggiorno a Parigi, con i suoi nudi supera la pittura impressionista e descrittiva di Monet, di Degas e di Renoir, ma non si fa catturare dai nudi tormentati di Egon Shiele o dai corpi impietosamente trasferiti sulla tela, arrendevoli nella loro oscenità di Lucian Freud. La modernità della sua pittura espressionista si rivela in una originalità che ha una visione del nudo come essenza della bellezza e l’inquietante sensualità come denuncia e provocazione contro preconcetti e arretratezze del mondo contemporaneo.