Irina Kerimova – Tutto è Uno – Lecce
Irina Kerimova inaugura a Lecce, presso il Fondo Verri, la mostra personale “Tutto è Uno “, nell’ambito del progetto “International Art_Project Mosca Lecce Tursi 2019”.
Tutto è Uno di Irina Kerimova
3 Giugno 2019, ore 19.30, Fondo Verri, Via Santa Maria del Paradiso 8, Lecce
Vernissage della mostra “Tutto è Uno” di Irina Kerimova
nell’ambito del progetto “International Art_Project Mosca Lecce Tursi 2019”.
In dialogo con Ester M. V. Annunziata Architetto e docente dell’Accademia di Belle Arti
Intervento musicale con il sassofonista Roberto Gagliardi
Degustazione di tartufo estivo nero Scorzone di Basilicata a cura di Iside Tartufi.
Continua a Lecce l’International Art_Project che da aprile fino ad agosto, vede in movimento, sulla linea Mosca, Lecce, Tursi, l’artista lucana Filomena D’Ambrosio e l’artista russa Irina Kerimova. Sei mostre personali, tre per artista, in tre città differenti. L’avvio del progetto, lo scorso 3 aprile, nella metropoli moscovita con due mostre personali: “Equilibrio” di Filomena D’Ambrosio e “Tutto è Uno” di Irina Kerimova.
La mostra di Irina Kerimova chiude la tappa a Lecce, negli spazi del Fondo Verri per poi dirigersi in Basilicata, negli spazi del Museo Diocesano di Tursi nella provincia di Matera
L’Universo Femminile annulla le distanze: Filomena D’ambrosio e Irina Kerimova
Due donne, due artiste che si incontrano per caso nel 2015 per esporre le loro opere ad una mostra in Puglia. L’una, Filomena, lucana di Tursi, vive e lavora a Lecce, dove si diploma all’Accademia di Belle Arti, artista di professione, viaggia spesso alla ricerca di stimoli e confronti; l’altra, Irina, russa di Mosca, architetto e designer, è anche psicologa e, ad un certo punto della sua vita, decide di dedicarsi alla pittura e all’arte.
Apparentemente lontane, insieme trovano subito punti in comune, perché le distanze si azzerano quando si parla di “universo femminile”. Un linguaggio senza limiti e confini che permette loro, sin da subito, pur non parlando la stessa lingua, di entrare in sintonia.
Tursi e Mosca: così lontane, così diverse. La prima, una cittadina della provincia lucana; la seconda, capitale di una super potenza mondiale. Dunque: nulla che le avvicini! E invece, questa distanza si dissolve di fronte alla comunanza di pensiero verso le proprie radici. Sentono entrambe un forte legamecon la propria terra, con la storia e le più antiche tradizioni dei luoghi natii e un forte senso di responsabilità in quanto artiste immerse e coinvolte nelle dinamiche della società contemporanea.
Quello che emerge dai lavori di entrambe è un senso di consapevole e vigorosa pacatezza d’animo che viene trasmessa a chi le guarda. Una quiete vigile che nasce da un percorso fatto di energie, debolezze ed emozioni, alla ricerca di un equilibrio interiore condiviso.
Irina crea le sue opere attraverso un atto di purificazione. Così come facevano i primi maestri bizantini, che dipingevano le icone solo dopo aver fatto digiuno e preghiera, convinti che fosse Dio stesso a dipingere per mezzo della loro mano, Irina dipinge solo dopo un periodo di meditazione e di ricerca nel suo subconscio. Per Irina, il potere dell’artista è nella capacità di suscitare emozioni in chi guarda un’opera d’arte. Questo è un dono ma, nel contempo, una grande responsabilità; per questa ragione è importante che il messaggio dell’artista sia positivo e non, invece, tale da suscitare dolore, anche se da questo generato.
Figure senza contorno, a volte sfocate, dipinte ad olio su tela. Tratti essenziali, apparentemente grezzi, nei quali si intravede la struttura geometrica di rapporti fatti di simmetrie e asimmetrie. La dimensione estetica si perde completamente a favore della sensazione che l’immagine produce nell’osservatore e dunque, come nelle icone russe, un albero innevato, una donna con un bambino, un angelo, hanno per Irina un unico obiettivo: stimolare l’osservatore a ricercare dentro di sé la propria spiritualità.
Il percorso di Filomena è singolare: la sua prima produzione, intitolata “Da qui ritratto”, è rappresentata da quadri pieni di colore, con figure dai tratti forti ed evidenti. Essi sono il frutto della consapevolezza di un proprio limite: la paura della tela vuota.
Decide, dunque, di scavare nella propria personalità, attraverso un percorso intimo ed introspettivo di ricerca di sé stessa, di vera e propria estrazione ed eliminazione del superfluo dalla vita quotidiana così come nei suoi quadri. Nasce così la serie intitolata “Limiti”: quadri materici, completamente bianchi, in cui il vuoto della tela non è più un ostacolo da superare, un elemento negativo, ma piuttosto diventa esso stesso lo spazio dell’opera.
A Filomena ora il vuoto non fa più paura, ha imparato a conoscerlo e a gestirlo e, grazie ad un percorso introspettivo partito dall’ascolto di sé, nel caos riesce a trovare il suo “equilibrio”. Disegna figure esili, impercettibili, avvolte ora da colori, ora da una trama d’ombra, dove ogni cosa superflua è eliminata. Silhouettesin equilibrio in uno spazio vuoto, omogeno, spesso bianco ma a volte anche grigio o dai colori neutri, non immediatamente percettibili; talvolta nascoste. Filomena induce l’osservatore a fermarsi davanti all’opera, perché solo uno sguardo attento consente una lettura completa dell’immagine.
Alcune tele sono dipinte con acrilico a spatola, applicato con un gesto paziente, fatto di attese dovute soprattutto ai tempi di asciugatura dei diversi strati del materiale; su altre utilizza pigmenti naturali come caffè, vino, cavolo rosso e china, con cui realizza figure nate da un gesto veloce, rapido e sicuro, un’unica pennellata trasmessa dalla mente alla mano. In tutte emerge preponderante la figura femminile e, anche lì dove non è delineata, segna comunque, con semplicità e minimalismo, una forte presenza.
Architetto e docente dell’Accademia di Belle Arti Lecce
Ester M.V. Annunziata