Isaco Praxolu - Io mi sposto un po' più in là - Palazzo Coelli - Orvieto

Isaco Praxolu – Io mi sposto un po’ più in là – Palazzo Coelli – Orvieto

Isaco Praxolu

Io mi sposto un po’ più in là (…se per caso cadesse il mondo)

Mostra fotografica
a cura di Davide Sarchioni
dal 21 febbraio al 17 aprile 2020
Palazzo Coelli (Fondazione CARIOR)
Piazza Febei 3, Orvieto
Inaugurazione venerdì 21 febbraio, ore 17.30 – 19.00
Orari di apertura:
lun-ven 9.30-13.00 e 14.00-17-00
Ingresso Libero
Organizzazione:
LaDi Art + Terramedia®
In collaborazione con:
Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto
Fondazione Luca e Katia Tomassini

LaDi Art e Terramedia® presentano la mostra fotografica di Isaco Praxolu che aprirà al pubblico venerdì 21 febbraio alle ore 17.30 negli spazi espositivi di Palazzo Coelli, sede della Fondazione Carior. La mostra è organizzata anche in collaborazione con la Fondazione Luca e Katia Tomassini che, per l’occasione, ha dato in prestito una serie di 8 scatti realizzati dal fotografo.

Il titolo della mostra “Io mi sposto un po’ più in là (…se per caso cadesse il mondo)” è tratto dal testo della nota canzone “Tanti auguri” del 1978 cantata da Raffaella Carrà e mette in luce, con ironia, alcuni degli aspetti che caratterizzano le immagini fotografiche di Praxolu e il suo approccio alla fotografia, come il movimento, la libertà e la spontaneità nella scelta dei soggetti ritratti.

Egli infatti non si definisce un fotografo tout court, piuttosto una figura trasversale, un creatore di immagini che affida allo scatto in movimento la possibilità di comunicare il suo mondo interiore.

Lo sguardo fotografico di Praxolu non tradisce la sua formazione -avvenuta nel campo della danza contemporanea e della scenografia- e pone al centro della sua indagine lo studio del corpo e del paesaggio come forma in movimento, che egli indaga rivelandone le possibili declinazioni.

Come scrive Beatrice Audrito nel testo critico che accompagna la mostra “ Il suo è uno sguardo intimo, dinamico e dai molteplici punti di vista, che si traduce nella produzione di immagini fotografiche dal gusto pittorico, dove figure umane si muovono in scenari astratti dai colori tenui, quasi acquerellati o, in altri casi, più accesi e contrastanti. Presenze sottili e sospese nel tempo che suggeriscono il movimento oppure evocano situazioni urbane frenetiche, ottenute prolungando il tempo di apertura dell’otturatore per registrare in macchina, come in una sequenza cinematografica, ciò che avviene di fronte alla lente. Un interessante escamotage che permette al fotografo di dilatare il tempo del processo fotografico e travalicare i limiti del mezzo. L’approccio fotografico di Praxolu abbraccia diverse tecniche, dalla quella del movimento di camera inventata da Harry Callahan -oggi definita Intentional Camera Movement-, utilizzata dal fotografo sincronizzando e muovendo la macchina fotografica al ritmo del suo respiro, alla tecnica del Light Painting, che si serve delle fonti luminose presenti nell’ambiente per costruire immagini astratte, trasformando così la luce in materia compositiva” .

La sfida di Praxolu, come forse di ogni artista, è in fondo anche quella di afferrare nell’attimo di uno scatto l’incredibile varietà del mondo che ci circonda, dove anche un’immagine apparentemente banale può diventare metafora di un’intera esistenza.

Più di 40 scatti realizzati tra il 2015 e il 2020 e appartenenti a diversi ambiti di ricerca, saranno in mostra fino al 17 aprile a Palazzo Coelli, sede della Fondazione CARIOR a Orvieto.

 

La fotografia come spazio pittorico per ritrarre nuovi mondi
di Beatrice Audrito

Lo studio del corpo in movimento ha affascinato artisti e fotografi di tutti i tempi, a cominciare da Eadweard  Muybridge, il primo nel 1878 a sperimentare l’utilizzo della fotografia in campo scientifico -applicata allo studio analitico del movimento degli animali-, ottenendo risultati talmente interessanti dal punto di vista artistico e compositivo da essere poi ripresi, agli inizi del Novecento, da Marcel Duchamp e dai pittori Futuristi. Uno sguardo nuovo sul mondo che è stato capace di unire arte e scienza, e continua ad affascinare artisti e appassionati di fotografia come Isaco Praxolu, che ama sperimentare e ritrarre nuovi mondi con la sua macchina fotografica. Il suo
sguardo fotografico non tradisce la sua formazione -avvenuta nel campo della danza contemporanea e della scenografia- e pone al centro della sua indagine lo studio del corpo come forma in movimento, che egli indaga rivelandone le possibili declinazioni. Il suo è uno sguardo intimo, dinamico e dai molteplici punti di vista, che si traduce nella produzione di immagini fotografiche dal gusto pittorico, dove figure umane si muovono in scenari astratti dai colori tenui, quasi acquerellati. Presenze sottili e sospese nel tempo che suggeriscono il movimento oppure evocano situazioni urbane frenetiche, ottenute prolungando il tempo di apertura dell’otturatore per registrare in macchina, come in una sequenza cinematografica, ciò che avviene di fronte alla lente. Un interessante escamotage che permette al fotografo di dilatare il tempo del processo fotografico e travalicare i limiti del mezzo. L’approccio fotografico di Praxolu abbraccia diverse tecniche, dalla tecnica del movimento di camera inventata da Harry Callahan -oggi definita Intentional Camera Movement-, utilizzata dal fotografo sincronizzando e muovendo la macchina fotografica al ritmo del suo respiro, alla tecnica del Light Painting, che si serve delle fonti luminose presenti nell’ambiente per costruire immagini astratte, trasformando così la luce in materia compositiva.

Uno sguardo sul mondo molto personale che si traduce in visioni eteree, stratificazioni, memorie di luoghi e paesaggi urbani dalle architetture appena suggerite, dove elementi del reale si fondono a segni astratti in un nuovo immaginario dall’effetto pittorico. Una ricerca che dimostra in modo inequivocabile come per Isaco Praxolu la fotografia non sia un mero strumento di registrazione del reale bensì uno spazio pittorico all’interno del quale il fotografo, in totale libertà, preleva delle immagini dalla natura oggettuale per poi filtrarle attraverso una visione più intima e soggettiva, stravolgendone liberamente il significato e suggerendo un nuovo rapporto tra referente e riproduzione.