Jimmy RIVOLTELLA & Tatiana FENOGLIO – CŎLĔRE – Torino – 06/06

CŎLĔRE  [ART & SOUND PROJECT]

Jimmy RIVOLTELLA & Tatiana FENOGLIO

6 giugno 2017 h. 19

EVVIVANOE’ TORINO VIA GRASSI 16

Info: 339 734 0061 WWW.EVVIVANOE.IT

A cura di: Claudio Lorenzoni

 

COLERE PROJECT

Social landscape: ovvero Personal landascapes +Sound landscapes

  

CŎLĔRE, dal latino: //[cŏlo, cŏlis, colui, cultum] cŏlĕre

 

  1. 1. coltivare, lavorare, curare
  2. 2. abitare, vivere, trattenersi, frequentar
  3. 3. ornare, adornare, abbellire
  4. 4. onorare, venerare, trattare con riguardo, essere devoto a qualcuno
  5. 5. praticare, esercitare
  6. celebrare, solennizzare

 

“Ogni realtà sociale è, per prima cosa, spazio”

  1. Braudel

 

Il termine cultura ha un’origine antica, concreta e piuttosto affascinante. Deriva dal latino cŏlěre (verbo transitivo della terza coniugazione)e rimanda a un movimento circolare portatore di un’idea trasformativa. Cŏlere è l’azione di abitare un luogo, di coltivare un campo, di ornare un corpo, di prendersi cura di qualcuno e/o qualcosa, di praticare un’arte, di venerare una divinità e quindi, in ultima istanza, di celebrare. Metaforicamente, cŏlěre è solennizzare uno scenario sociale, intimistico e contradditorio. Ecco perché il giusto titolo del progetto ci è sembrato: CŎLĔRE PROJECT.

 

WHO? Jimmy RIVOLTELLA e Tatiana FENOGLIO

 

WHAT? In una riflessione sul rapporto tra arte contemporanea e pubblico, il progetto, intende concepire un paesaggio sociale che tenga conto di tutte le possibili componenti individualistiche comprese nella  dimensione del vivente: socialità e condivisione, egocentrismo e isolamento, cultura e subcultura, precarietà e critica, emozioni e nichilismo.

Così come una comunità non è la semplice somma degli individui che la compongono ma un’entità più complessa, diversa e a sé stante rispetto ad essi (K.Z.Lewin), così i personal landascapes, in continua interrelazione reciproca (non solo tra loro ma anche con l’esterno) disegneranno gradualmente un paesaggio sociale nuovo, un ambiente collettivo, caotico, sovrapposto, cacofonico, a tratti gioioso, a tratti delirante, a tratti armonioso a tratti disturbante, a tratti rasserenante a tratti inquietante con cui lo spettatore sarà chiamato ad interagire.

 

Il paesaggio che si vuole presentare è un insieme di microcosmi personali, personal landscapes per l’appunto, paesaggi interiori che guardano alla comunità/spettatore come entità aperte, dinamiche, fluide. Prendendo spunto dalle scatole surrealiste di J.Cornell e dalle tableau- pièges di D. Spoerri, l’idea è quella di presentare allo spettatore situazioni, scenari, dialoghi estrapolati casualmente dal quotidiano senza nessuna rilettura o introduzione critica da parte dell’artista. Jimmy si limiterà, citando Spoerri, a mettere un po’ di colla su degli oggetti; non permettendosi alcuna creatività.

 

I personal landscapes di Jimmy Rivoltella si presentano come paesaggi interiori in cui “l’artista si fa medium per rivelare storie che si costruiscono da sole con una voce sempre più forte, esplicita e autonoma. Ciò non significa che lo spettatore non abbia spazio interpretativo: al contrario, l’opera avrà bisogno di lui per rivelarsi, per raccontarsi, per acquisire concretezza. Ci muoviamo tuttavia in un ambito diverso: non tanto di aspetti e collegamenti consci e/o inconsci, ma di legami psicologici e relazionali, con una narrazione che lo spettatore può collocare nel passato, presente o futuro della figura protagonista. Guardando le opere di Jimmy lo spettatore si addentrerà in un flash back e/o flash forward cinematografico: un rapsodico susseguirsi di inquadrature e fotogrammi e, in pochi istanti, i passi salienti della vita della figura protagonista entreranno nel suo patrimonio conoscitivo.

L’evoluzione di questi paesaggi visivi è rappresentata dalla loro sonorizzazione. Tatiana Fenoglio è entrata nei landscapes di Jimmy vivendoli, interiorizzandoli, dando una forma al rumore che richiama il movimento interiore degli stessi. Daciascuna opera, l’artista ha estrapolato un suono concreto (ambientale, naturale, strumentale) che, elaborato e poi riassemblato, è diventato un racconto da ascoltare.

In questa evoluzione sonora, l’elemento acustico offre allo spettatore un ulteriore strumento interpretativo, mettendo a sua disposizione anche uno scenario melodico (o cacofonico, a seconda di quello che le coscienze individuali suggeriranno) rappresentativo delle diverse dimensioni del vivente. Saranno nitidamente percepibili tutti i rumori evocati dai landscapes di Jimmy: il ghiaccio che si frantuma, il gorgoglio dell’acqua, il tintinnare di una moneta per terra, lo sbattere d’ali frenetico (di un angelo, forse?), la violenta chiusura di una porta che cadenzerà l’alternatività delle (possibili) scelte.

DETAILS: Il progetto consiste in un’installazione di 14 parallelepipedi di legno massiccio di misura variabile (18×20 cm ca) ai quali sono ancorate delle tele di formato 10×15 cm. Le tele sono la riproduzione di un paesaggio sociale interiore. Un multistrato di sentimenti e situazioni contingenti.

Accanto alle tele, verranno collocate 14 casse audio con batteria wifi (quindi nessun groviglio di fili e nessun rischio di inciampo per il pubblico), MP3 che compattano i suoni catturati con  microfoni e Zoom H4N, successivamente ri-composti con l’utilizzo di software musicali.

Gli stimoli acustici culminano in un mono-suono che ha una frequenza di 432 Hertz. L’accordo a 432 Hertz costituisce la nuova alchimia della musica elettronica, risuona con le frequenze fondamentali del vivente: battito cardiaco, replicazione del DNA, sincronizzazione cerebrale, inoltre con la Risonanza di Schumann e la geometria della creazione. Un ulteriore tassello che aggiunge anima e sostanza ai personal landscapes di partenza.

All’interno dell’installazione così concepita, il ruolo dello spettatore sarà tutt’altro che passivo.

Costui potrà decidere liberamente in che modo approcciarsi all’opera. Potrà decidere di privilegiare il solo senso della vista o quello dell’udito, ovvero di usarli entrambi cercando di trasformare e dare corpo alla sua percezione di paesaggio sociale diventando, in ultima istanza, lui stesso l’autore finale del progetto.

 

Testo Francesca Marica