“La Vita dell’Arte ed.II” – A60 Contemporary Art Space, Milano
A60 Contemporary Art Space, Milano
OSSIGENO OSSIGENO
Testo di Maria Chiara Wang
8 – 30 maggio 2021
In occasione della prima edizione de La Vita dell’Arte vi ho congedato con il seguente episteme: finché vivrà l’Uomo, vivrà anche l’Arte.
Ma se è vero tale assunto, è vero anche il suo opposto: finché ci sarà Arte, ci sarà Vita per l’Uomo, l’arte – infatti – è ossigeno, …’ossigeno ossigeno’ citando liberamente il titolo della serie realizzata da Mario Schifano alla fine degli anni ’60.
Questa seconda edizione ideata da A60 Contemporary Art Space giunge al compimento di un anno in cui la risorsa di cui abbiamo avvertito la carenza maggiore è stata proprio l’aria. Le opere in mostra, se da un lato rispecchiano la realtà contemporanea, dall’altro suppliscono alla sospensione – speriamo solo temporanea – delle nostre vite, restituendo al pubblico quel respiro calmo e profondo che è venuto a mancare spesso negli ultimi mesi.
Attraverso l’ingegno e la perizia degli artisti l’aria diviene prima pensiero, poi forma e materia, concretizzandosi nella pittura così come nel disegno, nella fotografia, nel video e in qualsivoglia altro medium la creatività e l’ambiente circostante abbiano messo a loro disposizione. Ci troviamo così dinnanzi a opere come Breath + Space + Dropping Sludge di Qin Jie, in cui il titolo esplicita ciò che viene rappresentato nelle immagini in movimento, o il video E112.18, N37.21 di Xing Liye, dove possiamo percepire la temperatura calda e l’odore polveroso del soffio di vento che muove il telo bianco dell’installazione ripresa.
L’obiettivo – in lavori come 99,99999% di Xu Yuting, Go Between di Dennis Oppenheim, 056 di Huang Zilin, Picking Up Images In The Metro di Sun Zeming e Hexiang di Ou Wenting – si sposta, poi, sul tema della relazione tra persone nello spazio fisico.
Al rapporto con l’ambiente domestico si rivolgono, invece, la litografia Response di Dong Jiayuan, ove si avverte la costrizione di un luogo stretto e chiuso, e i modelli 3D Missing Home di Zeng Jiachen, che delineano in pochi tratti essenziali gli angoli di una casa rispetto alla quale l’autore sembra trovarsi in una condizione di esule involontario.
Dagli spazi intimi e privati si passa, quindi, alle architetture urbane – nuovi perimetri in cui ci siamo ritrovati forzatamente circoscritti – delineate in opere come Natura Morta – Still Life di Chen Shuyang, Poetry-Arles di Dai Yang, Figure e Città nelle versioni di Giandante X e di Jean- Joseph Sanfourche, 99.04.21358 di Dada.Ryan e It’s xxx km away from my home di Hu Shu. Un’altra importante protagonista di questa collettiva è la Natura, con i suoi spazi aperti e quei paesaggi sconfinati dove sempre più spesso desideriamo proiettarci, ma che ancora più frequentemente rivivono solo nella nostra memoria come in in POST_TTCARD di Marco Raffaele o in Old Weekend di Cui Baoyi, ove i colori della vegetazione si riducono alla trascrizione del ricordo di una gita passata; si giunge poi alle opere multicolore Paesaggio con Casa Rossa di Mario Schifano e BiFlowers 10795 di Maurizio Galimberti, appena accennata la prima, iper-dettagliata la seconda. In A Born Of A Goddess di Root Yarden il contatto uomo- natura torna a essere reale per poi rarefarsi nuovamente in pensiero nella litografia Stunning view of luxuriance di Wang Yuanfeng.
Non mancano, infine, lavori più riflessivi e introspettivi, narrazioni sfumate e sfuocate, trasposizioni di un inconscio che cerca di trovare espressione sulla tela (Interpretation of the Combustion di Bao Fusheng), piuttosto che sulla carta (Memories of a short love story – Ricordi di una breve storia d’amore di Liu Li e Composizione di Domenico Spinosa) o in video (La favola di Chuai Tong e Underflow di Deng Yunfei).
A partire da questi brevi cenni ogni spettatore potrà costruire il proprio percorso e la propria narrazione all’interno degli spazi della A60 trovando ulteriori fil rouge. Le opere proposte sono numerose, molte di più di quelle citate qui a titolo di esempio: al pubblico il compito di scoprirle.
Mi congedo rivolgendo a voi lettori l’invito che Giorgio Marconi scrisse a Schifano alla vigilia della mostra inaugurale del suo primo spazio espositivo: ‘Caro Mario, lavora, spegni il telefono e dimentica tutti i problemi di questo mondo’ e, aggiungo io, attingete dall’Arte ogni atomo di ossigeno di cui avete bisogno per sentirvi Vivi, per restare Vivi.
Pengpeng Wang
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