LORENZO VIANI. L’INCUBO DEL SEGNO – Pinacoteca Comunale Carlo Servolini – Collesalvetti
LORENZO VIANI. L’INCUBO DEL SEGNO
mostra promossa dal Comune di Collesalvetti
a cura di Francesca Cagianelli e Enrico Dei
3 febbraio – 7 aprile 2022
PINACOTECA COMUNALE CARLO SERVOLINI
via Umberto I, n. 63 – Collesalvetti
Si inaugura giovedì 3 febbraio 2022, ore 17.00, alla Pinacoteca Comunale Carlo Servolini (via Umberto I, n. 63 – Collesalvetti, fino al 7 aprile, tutti i giovedì, ore 15.30-18.30 e su prenotazione: tel. 392 6025703), la mostra Lorenzo Viani. L’incubo del segno, promossa dal Comune di Collesalvetti, ideata e curata da Francesca Cagianelli e Enrico Dei, in occasione del 138° dalla nascita di Lorenzo Viani (Viareggio, 1 novembre 1882 – Lido di Ostia, 2 novembre 1936).
Selezionato per inaugurare il corso della programmazione culturale colligiana del 2022, Lorenzo Viani costituisce a tutti gli effetti un protagonista non solo fisiologico, ma per così dire obbligato, nella sequenza espositiva dedicata al Novecento livornese, toscano e italiano nelle sale della Pinacoteca Comunale Carlo Servolini, non soltanto in omaggio alla pur significativa ricorrenza celebrativa, ma anche e soprattutto con riferimento alla partecipazione dell’artista viareggino ad alcune delle stagioni cruciali della cultura figurativa livornese, a partire dalla temperie dinamica e cosmopolita di “Bottega d’Arte Livorno”, in occasione della quale Viani si impose oltre che in veste di critico d’arte, anche in virtù dell’importante monografica del 1932, presentata in catalogo da Plinio Nomellini.
Programmata quindi in virtuosa compatibilità con la mission della Pinacoteca colligiana, e in ragionata sintonia con il recente omaggio intitolato “Bottega d’Arte, la promozione del gusto tra arte, editoria e critica”, questa nuova prestigiosa tappa espositiva intende proseguire e anzi dilatare l’indagine da sempre rivolta alle nuove geografie del Novecento, inquadrate come esiti del dialogo messo in campo sia da Carlo che Luigi Servolini, artefici, rispettivamente in veste di professore, incisore e pittore, il secondo invece di xilografo, critico d’arte e promotore culturale, di una rete relazionale decisamente extra moenia.
Apprezzato da Luigi Servolini nel suo Dizionario illustrato degli incisori italiani moderni e contemporanei per una cifra xilografica consistente in una “caratteristica maniera a larghe sgorbiate” (L. Servolini 1955), Viani resta intimamente congiunto alle vicende storiografiche del nostro territorio non solo con riferimento all’imprinting fattoriano, coincidente, secondo la suggestiva ricostruzione esegetica di Mario De Micheli, in una saldatura ad anello, saltando definitivamente gli strascichi dell’umanitarismo pietistico, tra le sorti della più autentica ribellione ottocentesca con la più cogente rivalsa dell’espressionismo europeo, ma anche in virtù di alcuni storici sodalizi, cronologicamente più avanzati: si tratta innanzitutto della frequentazione, all’alba del 1900, dello studio torrelaghese di Plinio Nomellini, tramite di eccezione quest’ultimo rispetto alla fucina di rivolgimenti estetici in corso nel cenacolo pucciniano, ma anche della condivisione di quei frangenti formativi condotti all’Istituto Augusto Passaglia di Lucca, al fianco di alcuni dei futuri protagonisti del rinnovamento linguistico in Toscana, quali in primis Moses Levy, Spartaco Carlini e Umberto Vittorini, celebrato quest’ultimo recentemente in Pinacoteca in occasione dell’importante mostra “Umberto Vittorini: come il mago della favola” (24 giugno – 23 settembre 2021).
Senza contare le affinità elettive intercorse, nell’ambito di quella temperie “apuana” capitanata da Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, con il livornese Antonio Antony de Witt, di cui condividerà il futuro approdo nel circuito della rivista spezzina “L’Eroica”, in veste di timoniere della rinascita xilografica.
Sono soprattutto le stigmate libertarie del viareggino a instradarci in questa nostra particolare occasione espositiva, concepita sotto gli auspici della rivoluzione grafica in corso nella Toscana primonovecentesca, lungo un ancora insondato itinerario costiero tra Livorno, Firenze e la Versilia, tra il Caffè Bardi, Le Giubbe Rosse e il viareggino Caffè Margherita, senza contare che a confermarci un ruolo di eccezione di Viani esteso anche in sede labronica, soccorre una foto ricordo scattata nei frangenti della traslazione della salma di Fattori a Montenero, dove la sua immagine domina nell’ambito di una nutrita schiera di artisti livornesi, oltre ai più noti Plinio Nomellini, Gino Romiti, Renato Natali, anche i dimenticati Lorenzo Cecchi, Giulio Ghelarducci, Manlio Martinelli.
Cresciuto nel culto di Sante Caserio, il giovane anarchico noto per aver pugnalato il Presidente della Repubblica Francese, Carnot, Viani si rivolse ben presto, come lui stesso testimoniò, a “un anarchismo coronato di fiamme” (L. Viani, Il romito di Aquileia, Sarzana 1964), proclamandosi “bakunista” e appellandosi, per la matrice più intima della propria vena espressiva, ai capisaldi letterari di Dostoevskij, Gor’kij e Korolenko, così come alla “predisposizione al feroce, al bestiale, al riottoso” (Lettera autobiografica, 1913, in “Giornale di Bordo”, Firenze, luglio 1968), sbocciata dall’infatuazione per i fermenti del simbolismo europeo, della Secessione viennese, del fauvisme e del Die Brücke.
Tra i più illustri “Toscani di Parigi”, Viani approderà all’esperienza bellica con un bagaglio culturale di coordinate internazionali, profuso in sede grafica a partire dall’illustrazione dell’album antimilitarista Alla gloria della guerra, edito dalla Società Editrice L’Internazionale di Parma nel 1912, finchè, in occasione dell’esposizione allestita nel 1918 presso il Palazzo delle Aste di Milano, con circa 200 opere prevalentemente realizzate “col carbone e la sanguigna” l’artista si dichiarerà ormai lontano dalla matrice anarchica, per quanto concepisse nel 1921, in collaborazione con Domenico Rambelli, il Monumento ai Caduti di Viareggio, ancora debitore al sindacalismo di Alceste De Ambris.
Da cantore dei déplaces della Ruche a interprete dei pazienti dell’Ospedale Psichiatrico di Maggiano, Viani perfeziona progressivamente il suo distacco dall’anarchismo, fino a imporsi, con la galleria fisiognomica intitolata al Peritucco, quale campione di quel vagerismo decantato dall’amico Krimer (Cristoforo Mercati), estremo approdo a un più trasversale spiritualismo francescano, tuttavia ancora lontanamente imparentabile con gli antichi sogni libertari.
Il percorso espositivo della Pinacoteca Comunale Carlo Servolini, interamente concepito con opere provenienti dall’Archivio dell’opera completa di Lorenzo Viani a cura di Enrico Dei, intreccia disegni autonomi, studi, illustrazioni, copertine di riviste, volumi illustrati, diplomi, incisioni, ma anche fotografie storiche, manoscritti autografi e testimonianze epistolari – basti per tutte la lettera di Gabriele d’Annunzio a Lorenzo Viani e Alceste de Ambris del 1922 – come in un suggestivo slalom condotto nell’ambito di quel “bilinguismo costitutivo” individuato da Carlo Ludovico Ragghianti tra le pieghe della creatività vianesca, costantemente in bilico tra pittura e letteratura, quasi a voler riproporre l’istanza più sorgiva dell’humus espressivo dell’artista viareggino: “E’ dunque un grande problema la lettura sinfonica delle due esperienze simultanee, ed esige una pari capacità analitica e comprensiva che non è frequente, sia per determinare gli eventuali intrecci e complementarietà, sia per segnare le separazioni e le diversioni” (C.L. Ragghianti 1982).
I curatori della mostra, Francesca Cagianelli e Enrico Dei, hanno fortemente voluto un itinerario giocato pervasivamente tra produzione disegnativa autonoma e testimonianze grafiche destinate a riviste illustrate, dove cioè emerge più platealmente l’indissolubile rapporto con la scrittura, e dove meglio si riscontrano, al di là dell’ormai accertato primitivismo, le tracce del filone figurativo franco-belga metabolizzato nei circuiti della “Plume” e delle “Soirées de Paris” di Guillaume Apollinaire – come opportunamente rivendica Piero Pacini (Lorenzo Viani, catalogo della mostra 1986), senza contare l’influenza della grafica satirica, da “Le Rire” a “L’Assiette au Beurre”, così come lo sguardo verso il crinale simbolista di Franz von Stuck e di Käthe Kollwitz.
Dagli ossessi inviati alla Biennale di Venezia del 1907 ai disegni di “gente pietrosa, brutale, avvinazzata” presentati all’esposizione collettiva della Galleria “La Comédie Humaine” di Georges Petit del 1908, la violenza del segno grafico di Viani, fulminato dalle illustrazioni di Théophile Alexandre Steinlen sul “Gil Blas”, così come dalla statuaria di Constantin Meunier, ma soprattutto dalla brutalità caricaturale di Eugène Laermans, ripropone la suggestione di “un segno, corrosivo come un acido, ineluttabile come una condanna”, in altre parole “un segno eccezionalmente individuato, da pittore terrorista”, secondo l’icastica definizione di Luigi Campolonghi.
Dominano non a caso nel suggestivo e articolato percorso espositivo alcuni highlights della produzione disegnativa e incisoria di Lorenzo Viani, tutti provenienti dall’Archivio dell’opera completa di Lorenzo Viani curato da Enrico Dei, quali l’Ossesso (1905-1906), uno cioè dei più cruciali capolavori presentati all’Esposizione Internazionale di Venezia del 1907; alcuni preziosi inediti quali lo studio a china del celebre dipinto Consuetudine (1907-1909), presentato al Salon di Parigi del 1909; rarità quali lo studio a matita per il frontespizio de “La Fionda” dedicato a Luigi Campolonghi e un Diploma illustrato per la Federazione Nazionale fra le Società e Scuole di Pubblica Assistenza e Soccorso; opere mai viste quali la suggestiva acquaforte a colori intitolata Fantasmi, proveniente dagli eredi, testimonianza della vena più dichiaratamente simbolista del viareggino.
In occasione della mostra la Pinacoteca Comunale Carlo Servolini vara un significativo Calendario Culturale dal titolo “Viandanti d’Europa. Miti apuani nella Toscana di Pascoli e d’Annunzio”, promosso dal Comune di Collesalvetti, ideato e curato da Francesca Cagianelli, destinato alla promozione della temperie artistica e letteraria in voga nella Toscana primonovecentesca, nell’ambito della quale la compagine livornese riscopre una sua centralità rispetto alle geografie cristallizzate e personalità finora classificate come petits-maîtres sul nostro territorio assurgono a protagonisti di una storiografia del Novecento toscano di accertato prestigio.
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