Con Polvere, Lydia Ourahmane rivela Ordet come sito di produzione materiale, oltre a sondarne il potenziale spaziale e fisico. Lo spazio è attraversato da una passerella in legno, costruita con materiale di recupero, residuo dei progetti passati di Ordet. La materia non scompare: si muove, muta, ma soprattutto permane. In un ulteriore atto di svelamento, una sezione della parete in cartongesso che separa il magazzino dall’area espositiva giace sul pavimento. La mostra estrae e trasforma tutto ciò che Ordet è stato e ha fatto.
Polvere prende atto dello spazio in cui si svolge e si manifesta davvero solo quando il visitatore si muove al suo interno.
Il progetto ha inizio in un altro sito di estrazione, luogo di produzione di molta arte attraverso i secoli: una cava di marmo nelle Alpi Apuane in un’area esplorata per la prima volta da Michelangelo per realizzare la facciata di San Lorenzo a Firenze. Rimasta opera incompiuta, sopravvivono oggi un modello ligneo e le testimonianze della disputa per il suo completamento.
Invitata a realizzare una mostra, Ourahmane ha proposto di reperire il marmo in loco, ma nell’assenza di ciò che era già stato estratto, intagliato, scolpito, reso accessibile e disseminato, il sito le si è presentato come una cavità; la mancanza come unica traccia rimanente.
Nell’ecolocalizzazione, le onde sonore vengono emesse per comprendere lo spazio scandagliando i confini di un’area vuota. Un colpo di pistola definisce il limite di ciò che può essere attestato e percepito. L’eco è la conseguenza di un impulso. Nella cava, l’impulso impiegato è stato quello di una pistola a salve solitamente utilizzata per addestrare i cani a superare la paura del suono. Nell’addestramento i colpi vengono ripetuti finché il cane non ne è più spaventato ed è in grado di obbedire al di là del suo istinto di fuga.
Immagini: Lydia Ourahmane, Polvere, installation view, Ordet, 2023. Courtesy l’artista e Ordet, Milano. Foto: Nicola Gnesi
In Polvere, l’eco è una misura dell’intervento umano. Quel vuoto registrato, ora percepisce ogni singolo visitatore di Ordet, amplificando la sua partecipazione in tempo reale. L’impulso è innescato dai visitatori, lo spazio accoglie l’eco e l’eco svolge il ruolo di testimone.
Lo spazio espositivo appare alterato, ma nulla di visibile è stato aggiunto, nulla è stato rimosso e nulla sarà scartato. A conclusione della mostra, il cartongesso riverso sarà ridotto in polvere, stato originale del materiale, e ricompattato all’interno della passerella, trasformandone i moduli in sculture, un indice di ciò che è stato riadattato.
Si ringraziano Henraux Spa, Querceta di Seravezza (LU); Daniel Blumberg e Billy Steiger.
Lydia Ourahmane (1992, Saïda, Algeria) è un’artista che vive ad Algeri e a Barcellona. La sua ricerca spazia dalla spiritualità alla geopolitica contemporanea, dalla migrazione alla complessa storia del colonialismo. L’artista incorpora video, suono, performance, scultura e installazione, utilizzando spesso una scala grande o monumentale i cui esiti tendono a travalicare le pareti che ospitano le sue mostre. Attingendo a narrazioni ed esperienze personali e collettive, Ourahmane sfida strutture istituzionali più ampie come la sorveglianza, la logistica e i processi burocratici, e i modi in cui queste forze vengono registrate.
Tra le mostre personali più recenti: sync, KW Institute of Contemporary Art, Berlino; Vendesi, Progetto, Lecce; Tassili, SculptureCenter, New York, Mercer Union, Toronto, rizoma, Algeri, B7L9, Tunisi e Fondazione Louis Vuitton, Parigi (2022-23); Survival in the afterlife, Portikus, Francoforte e De Appel, Amsterdam (2021-22); Barzakh, Kunsthalle Basel, Triangle – Astérides, Marsiglia e S.M.A.K., Ghent (2021-2022); صرخة شمسية Solar Cry, CCA Wattis Institute for Contemporary Arts, San Francisco (2020); e The you in us, Chisenhale Gallery, Londra (2018), tra le altre. Il suo lavoro è stato incluso nella 34a Biennale di San Paolo (2021), in Manifesta 12, Palermo (2018), nella Triennale del New Museum (2018) e nella 15a Biennale di Istanbul (2017).
Tra le mostre collettive si ricordano Risquons-Tout, WIELS, Bruxelles e Laws of Confusion, Renaissance Society, Chicago (entrambe con Alex Ayed), Waiting fo Omar Gatlato: A Survey of Algerian Contemporary Art, Le Magasin, Grenoble (2023). Lydia Ourahmane esporrà in una mostra personale al MACBA di Barcellona il prossimo novembre.