MARINA SCARDACCIU – ArteGenova 2019
ArteGenova C.A.T.S. 2019
Il Melograno Art Gallery
STAND 44
Fiera di Genova
15 – 18 febbraio
Vernissage: giovedì 14 febbraio alle 18.00
Orficonirico
“Il contrario del gioco non è ciò che è serio, bensì ciò che è reale”
(Sigmund Freud, Il poeta e la fantasia)
E’ difficile circoscrivere il campo d’indagine della pittura, soprattutto quando essa ha a che fare con i domini dell’ineffabile e dell’indicibile, categorie più facilmente ascrivibili all’ambito dell’Astrattismo, che non a quello della Figurazione. Marina Scardacciu appartiene, senza dubbio al novero di coloro che hanno scartato l’opzione mimetica, scegliendo, semmai, la strada di una rappresentazione allusiva ed enigmatica, costellata di visioni epifaniche e d’inesplicabili associazioni.
Quelle di Orficonirico, sintomatico titolo delle opere più recenti, sono immagini perturbanti, ambigue, che sgrovigliano i riti iniziatici dell’infanzia e dell’adolescenza nel teatro di una natura infiammata da cromie irreali e sottilmente pervasa da un senso d’imminente tregenda. La memoria corre alle venature drammatiche dell’Espressionismo, ma anche alle arcane sospensioni della Neue Sachlichkeit e del nostro Novecento. I suoi sono, infatti, personaggi colti in un dinamismo cristallizzato, glacialmente compreso nel contrasto delle campiture di rosso e verde e imbrigliato nel ritmico intervallarsi dei fusti arborei. Come nelle liriche di Baudelaire, la natura dipinta dall’artista viene metamorficamente trasfigurata in “un tempio in cui viventi colonne lasciano talvolta sfuggire confuse parole”.
Ma l’epicentro di ogni episodio è altrove, nello svolgersi sotto i nostri occhi di un gioco insieme rituale e propiziatorio, indecifrabile come i culti dei misteri eleusini. Si ha come l’impressione che il clima di sognante sospensione sia l’effetto di uno stato di trance estatica, piuttosto che il frutto di una proiezione onirica.
Se nei dipinti dell’artista c’è il sogno, allora è il sogno lucido degli gnostici, lo stato d’alterazione percettiva, provocata dalla ripetizione mantrica, ossessiva.
Gli enfants terribles di Marina Scardacciu praticano terribili passatempi, si trastullano sul crinale che separa la vita dalla morte, come se partecipassero a una sorta d’ipnotica e sanguinaria liturgia iniziatica.
Il loro, non è il gioco dell’evasione fantastica e dell’intrattenimento creativo. No, in quelle azioni non c’è nulla di innocente. Sembra, invece, che i bambini della Scardacciu pratichino la scienza occulta dei negromanti, intenti a evocare incontrollabili forze primigenie, salvo poi rimanere sgomenti per il manifestarsi delle conseguenze. D’altra parte , come notava lo scrittore Anatole France, “Il gioco è un corpo a corpo con il destino”. Ed è forse per la conseguenza di questo scontro che i corpi di questi giovani appaiono così lividi, esangui, appunto quasi per uno spavento supremo.
Oppure quello che li affligge è il pallore dei fantasmi o delle bianche larve di una trasmigrazione d’anime incompiuta. Se non altro, sarebbe un’interpretazione coerente con la tradizione orfica.
Tuttavia , credo che l’opera di Marina Scardacciu non possa essere oggetto d’interpretazioni simboliche. Il suo segreto sta proprio nell’ambiguità semantica della rappresentazione, nella capacità di sventagliare una pletora di suggestioni, non immediatamente o necessariamente riconducibili dei significati logici. Piuttosto, come dicevo in principio, i domini operativi della sua pittura sono i territori dell’indicibile e dell’ineffabile.
Quegli oscuri recessi della psiche umana, dove aleggia, ancora libero, il dogma arcano dell’esistenza.
Ivan Quaroni