Mauro Lovi, Carlo Cipollini e Livio Tessandori – “I tre pittori” alla Casa Studio Galleria Cum Venio a Larciano

E’ stata inaugurata il 4 giugno a Larciano, presso la Casa Studio Galleria Cum Venio, la mostra “I tre pittori”, dedicata a Carlo Cipollini, Mauro Lovi e Livio Tessandori, a cura dell’Associazione Giorgio Stolz per l’Arte Contemporanea.

Mauro Lovi, Carlo Cipollini e Livio Tessandori.

Mauro Lovi, designer, pittore, scultore, grafico, architetto e autore, ha raccontato: “La nostra amicizia viene dal liceo artistico di Lucca, eravamo sempre nei corridoi a chiaccherare. Si è coltivata nel tempo e ognuno ha fatto la sua strada, le sue avventure per il mondo e ci siamo incontrati di nuovo nelle varie mostre che ho personalmente curato e progettato. Questa è particolare perché non ne avevamo mai fatta una insieme. Sofia Ancillotti, a cui abbiamo affidato l’ardua opera di allestirla, ha arricchito la lettura di queste opere. Sono molto contento”.

Sofia Ancillotti, curatrice della mostra, ha ringraziato Elena e Riccardo Cioli, proprietari della Galleria, “per averci messo a disposizione questo meraviglioso spazio, un tempio dell’arte.”

Ha poi spiegato il meraviglioso percorso, quasi di fiaba, da lei creato per i visitatori, come per farli sognare, cominciando dalla sala di ingresso, chiamata “Risveglio onirico”. Sono infatti ammirabili le nature morte di Mauro Lovi, che ricordano molto da un lato quelle di Morandi ma, ha aggiunto Sofia: “un Morandi più vicino alla metafisica del periodo di De Chirico e questo stato di fermezza, di monumentalità, di statuarieta  in un certo senso è anche un pò sconcertante. Ricorda momenti in cui ci svegliamo la mattina, ancora nel dormiveglia.  Siamo ancora parte di noi, proiettati in quello che abbiamo sognato la notte, nei mondi che abbiamo visitato. L’altra parte invece si sta risvegliando e sta prendendo coscienza del suo essere qui in questo mondo, in questa specifica realtà”. Dall’altro lato della sala invece abbiamo un aeroplano, opera di Mauro Lovi, dal titolo evocativo “Imparare a diventare cielo”. La curatrice così l’ha descritta: “Mi ricordava molto l’opera di Magritte dove c’è un controsenso perché le ali dell’aeroplano sono di cielo, che però non è una cosa concreta, bensì astratta. Torna quindi di nuovo, la doppia visione,  tra onirico e reale, che rompe la collana della quotidianità, della realtà che tutti noi viviamo”.

La sala adiacente accoglie invece le pioppete di Mauro Lovi, in un’unione tra poesia e natura. Sofia ha spiegato il significato del pioppo: ” Nell’immaginario comune rappresenta la soglia tra mondi paralleli e invisibili, proprio come i quadri rappresentano finestre su mondi differenti che ci trasportano nel paese delle meraviglie, mostrandoci quant’è profonda la tana del bianconiglio di Alice. E’ proprio attraverso il pioppeto che entriamo nel mondo immaginario della mostra. Ogni stanza rappresenta un passo del celebre libro di Carrol, con le sue molteplici  domande e visioni soggettive di una realtà onirica dove tutto è giusto e possibile e che ci accompagna se lo desideriamo verso una visione pulita dagli specchi illusori nel nostro io.

L’idea dell’esposizione è il paese delle meraviglie dove in realtà un quadro non c’è bisogno che abbia un senso, è giusto o sbagliato, assolutamente, è una visione soggettiva della persona che lui ha dipinto perché lui sente e vede in quel modo, come ognuno ha il suo modo di guardare e percepire la realtà. Se una singola opera, viene  vista da trecento persone differenti, ognuna ci vedrà qualcosa di diverso e proverà sensazioni ed emozioni differenti. La sala blu è chiamata “Chi essere tu?”. E’ la domanda che rivolge il brucaliffo ad Alice, quando entra nel paese delle meraviglie. E’ come se ti interrogassi, cercando di capire chi sei veramente te, chi credi di essere, ti conosci, sai quello che puoi fare.  Osservando queste opere puoi provare un’emozione, vedendo una linea, quindi è una continua scoperta. Non sai mai chi sei e quali sono i tuoi limiti perché ogni volta arrivi a un punto e scopri che ce ne sono altri. Livio Tessandori, nelle sue opere, dal segno grafico, ascolta e poi aggiunge fino a che l’opera si è conclusa.

Nella sala della galleria “Nel profondo blu”  abbiamo raccolto le opere di Livio sugli animali marini per vedere quante creature realmente ci sono nel profondo blu, scavando anche la nostra emotività. Nella  sala della cappella, dal titolo “O pillola rossa o la pillola blu”ho voluto raccogliere  le opere di tre artisti, tre amici, per dare una visione complessiva  del viaggio che abbiamo compiuto dall’ inizio alla fine del percorso espositivo perché è una domanda che ti poni. Decidi di risvegliarti senza ricordarti ciò che hai visto, che hai imparato, attraverso questo viaggio oppure decidi di svegliarti consapevole del cambiamento che sta avvenendo e che è avvenuto dentro di te ricordando ciò che hai imparato. Questa è un pò la domanda che è sorta a tutti noi al momento in cui abbiamo visto le opere di Livio, di Mauro e del Cipollini”.

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Gli artisti ci hanno gentilmente accompagnato alla scoperta delle loro opere.

Livio Tessandori così ci ha spiegato “Fungotì”: “L’importante quando si fanno queste cose è l’equilibrio, deve essere ben presente. La difficoltà maggiore è raggiungerlo e poi racconti la storia. Basta poco, un segno, un punto sbagliato e non succede più niente. L’opera “fungotì” è nata proprio dalla forma di un fungo, che è anche una T, da cui il nome. Man mano, da qui ho costruito varie forme, un ventaglio, che mi ha suggerito un galletto, un granchio, una figura per fare il brindisi capovolta, l’esplosione della stella, mi si è aperto tutto questo mondo.”.

Riguardo alle altre opere, ci ha narrato che: “C’è la serie dei pesci, dai titoli un pò strani. Si tratta infatti di uno studio inusuale perché c’è la coda, le pinne, la testa e poi i ricami che danno il movimento del mare. Questi sono mondi a sè, di sogno. Ci sono anche degli aspetti un pò da incubo, altri gioiosi. Vengono fuori delle figure. Ci sono dei ricami per poter dare sia luce sia profondità al quadro. Ho eseguito tanti passaggi per arrivare a questo tipo di rosso. Si chiama magenta. Prima è più chiaro, poi diventa più scuro. Sono passato dal bianco e nero a questo colore. Sotto al lavoro con la china c’è l’argento, che non è bianco. Mi ha data la possibilità di creare anche, come se ci fosse una stoffa, delle ombre, non si vede quello che c’è sotto. Il titolo “Cospiro” invece è usato nel senso “col respiro” oppure “sto tramando qualcosa”.”

Ci ha spiegato inoltre come nascono le sue opere: “Non eseguo prima il disegno. Comincio. E’ il quadro che mi dice che cosa fare, come fare. Ci sono quelli come Andrea Matterello che hanno già in mente l’idea. Io sono molto sull’astratto, Mauro è più figurativo, Carlo usa materiali inusuali, come le cerniere, perché voleva che diventassero un prato e lavora molto con la lamiera, i pannelli, i bottoni”.

Nella sala “Pillola rossa o pillola blu?”, Mauro Lovi, raffigura un uomo che pesta la sua ombra: “E’ l’unica blu. E’ anche un pò misterioso. Nel frattempo sta urlando qualcosa di giallo, è anche un pò misterioso”.  Nei suoi boschi sembra quasi di entrare in una fiaba, in un paesaggio di sogno:”Sono più favolistici. Sembra quasi di immergersi in un’atmosfera fiabesca, onirica. Quando ho cominciato a lavorare sui boschi, ho pensato di analizzarli in tutti i suoi aspetti. E’ un posto strano, dove c’è Cappuccetto Rosso. Questi due quadri li volevano comprare i “Take that”. Vennero a Lucca, mi chiamarono e volevano parlare con me”.

Ci spiega poi la tela “Pioppeta cromatica”: “Le strisce, macchie, sono dei ritmi. Possono essere foglie cadenti oppure  lesioni di crescita della corteccia dell’albero, che ha questi tagli.  Negli altri alberi, la crosta viene fuori sempre con un senso verticale. E’ una ricerca di leggerezza. Proprio una favola astratta”.

Pioppete nella sala

Nelle nature morte all’ingresso, dai colori delicati, pastello,”Vaso blu di Cèzanne”, “Studio di tensioni”, “Prima di colazione”, “Limone metafisico”, il quotidiano diventa poesia. 

In “Imparare a diventare cielo”  è raffigurata un’ala al centro. Il cielo è su cartoncino, quindi creato con roba molto materica”.

Nella sala, chiamata appunto “Il pioppeto”, Mauro Lovi raffigura il tema a lui caro delle pioppete, ma rispetto a “Pioppeta cromatica”: “Sono quasi più naturalistiche, colori pastello, c’è un’atmosfera quasi di fiaba, poetica. Il tempo è sospeso. Poi ci sono due notturni. Il primo è con le lucciole, l’altro è con le luci arancioni della zona industriale sugli alberi”. 

Carlo Cipollini invece ci permette di giocare nei suoi prati, creati con le cerniere, dai colori gioiosi. Riguardo alla scelta di questo materiale, ci ha raccontato: ” Solitamente sono un accumulatore seriale. Accumulo un pò di tutto. Mi lascio guidare dall’oggetto. E’ lui che mi dice che cosa vuol diventare. Perché le cerniere? Un giorno sono capitato in un negozio che stava chiudendo. I colori dei tessuti hanno dei cromatismi particolari. Le ho comprate tutte però non sapevo cosa farci con queste zip. Sono rimaste lì un anno e mezzo. Lo stesso per i bottoni, con cui sto lavorando attualmente, usandoli come fossero tessere di un mosaico, per definire tutti i cromatismi. Questi sono lavori di tre, quattro anni fa. La cerniera è stata determinante anche per il titolo che ho  dato a questo lavori: “Fai di me un prato”. Con le cerniere c’è l’idea che si aprono, sono tutti dei fili d’erba che si muovono al vento. Creo dei prati. Ecco perché poi questa apertura è intrigante oltre a dare un senso di movimento e competitivo alla struttura. La cerniera per prima diventa erba, prato. Come artista, mi piace l’idea della natura, viverla. Credo che salverà il mondo, nel bene e nel male. Vedi tutti gli accadimenti che ci sono però credo che la natura saprà darci delle indicazioni giuste anche per superare questo impasse. Fammi diventare anche me un prato. E’ quello che lega anche un pò il mio percorso nell’ambito del mio lavoro. E’ l’oggetto che mi dice che cosa vuol diventare. Ho fatto diversi anni fa tutte delle composizioni anche con Mauro, sfruttando vecchie forchette, è l’oggetto che mi suggerisce il suo divenire. Riprendo la dizione di Duchamp, che mi è proprio nel cuore, cioè l’arte per scoprire la vita e invece la vita come arte. Io quella l’ho sposata. Poi abbiamo avuto l’occasione di incontrarci con Mauro ed è venuta fuori questa mostra dove le opere si relazionano in una maniera stupenda. Nelle sue opere c’è la pittura però è pittura anche appiccicare queste cerniere. Sembra che le loro biforcazioni riprendano anche elementi naturali e credo che Sofia ha interpretato l’apertura di questa cerniera come un aprirsi a far scoprire una propria intimità. Credo che il lavoro deve essere molto evocativo. 

Con me, personalmente, ma un po’ per tutti e tre, c’è una sottile vena ironica. Sia Mauro che Livio amano giocare con gli elementi. Livio con la superficie. Mauro con i cromatismi, gioca con questi alberi come fossero dei personaggi, sembrano quasi degli ideogrammi cinesi, giapponesi. Pensa che ho fatto, cinque o sei anni fa, i primi lavori quando ho cominciato a dipingere. Avevo fotografato aghi del pino. C’è una pozzanghera che galleggia poi riguardando queste foto, ho cominciato a tagliare aghi di pino, a saldarli ed è venuta fuori una composizione. Un mio amico che si occupa di calligrafia giapponese, ha detto: “Carlo, questo è l’ideogramma dell’uomo ed è un valore aggiunto a queste cose”. Lo stesso è accaduto per le cerniere. Ho fatto una serie di lavori con i francobolli della regina, di giornale, con l’effigie della testa della regina, i suoi abiti. Questi francobolli hanno portato brutte e belle notizie, lettere di amore, tasse da pagare. E’ un’urgenza creativa. E’ un modo di esprimersi.

 Gli ultimi lavori che sto facendo hanno una vena molto ironica ma anche bella. L’ ultimo è l’ “Asino che vola”.

I bottoni, le cerniere, hanno dei colori incredibili, infatti sai quanti pantaloni, camicie, cappotti hanno tenuto su questi bottoni”.

Alessandra Giulia Romani