Mauro Valsecchi – STRATIFICAZIONI DI VISIONI – #una_torre_per_l_arte 2021

STRATIFICAZIONI DI VISIONI 

Un abitante misterioso, riservato, attento, è il custode di questo luogo; lo scorpione, ci farà da guida in un percorso che parla di memoria, dei dettagli e delle esperienze che la memoria costruiscono.

Durante il tempo necessario a compiere la sua muta, lo scorpione, accompagna e conduce il visitatore in un viaggio spazio temporale, attraverso la percezione dell’immagine, un’immagine che, percepita decomposta e stratificata dalla nostra mente, piccole parti, è tutto quello che resta di ciò che osserviamo, sono frazioni che ci permettono comunque la ricostruzione del ricordo, attraverso e grazie all’esperienza emotiva che ogni singolo frammento in sé conserva.

Tempestati e sollecitati da informazioni, visive e sonore, non siamo abituati a soffermarci sul processo di stratificazione che costruisce i ricordi che custodiamo, non facciamo caso a quali porzioni o quali dettagli, a volte insignificanti, parziali e scombinati all’apparenza, fissiamo nella mente, spesso riposti in modo disordinato e caotico; eppure quando vengono riuniti e ricomposti nel ricordo, quasi lucidamente riprendono vita sotto forma di emozione.

Lo spazio temporale del racconto segue il ritmo della muta di questo atipico custode, lo scorpione, mentre racconta lo scorrere del tempo e si spoglia del suo vecchio abito, ci spiega come strati del ricordo, esattamente come succede nelle sovrapposizioni subite dai luoghi dal passaggio della storia, eventi che si fondono in un racconto complessivo, che include e quasi ingloba i livelli della percezione del singolo frammento, permettendo la costruzione di qualcosa di nuovo, rigenerato pur restando testimone inclusivo della sovrapposizione, stratificata delle singole esperienze.

Questo concetto è molto bene rappresenta attraverso il normale metodo di lavoro che conduce Mauro alla realizzazione di ogni suo processo creativo.

Decine di taccuini raccolgono le quotidiane emozioni ed esperienze, pensieri scritti, frammenti di visioni sotto forma di disegni, note e riflessioni, un racconto che assume significato solo attraverso una lettura globale e completa, i taccuini e l’opera, nel loro insieme, sono una conseguenza l’una degli altri.

“accumuli” è questo, la proposta di lettura di un percorso, di un processo progettuale e creativo, che parte dallo stimolo della percezione e, attraverso la riflessione, la stratificazione del vivere e del pensare, raggiunge una sintesi nell’atto artistico.

Inedite e realizzate per questo progetto espositivo in torre, specifiche per questo luogo, sono le tavole di “stratificazioni di visioni”. Sono, di fatto, la sintesi visiva di questo pensiero.

I singoli disegni sono sovrapposti, le figure appena percepibili, difficilmente distinguibili, costituiscono le quattro immagini di fusione astratta.

Anche la torre che ci ospita ha subito lo stesso tipo di percorso, una evoluzione a strati sovrapposti, distinguibile solo da un occhio attento o da chi ne conosce la sequenza della storia, da chi ne sa interpretare i segni dell’evoluzione architettonica apportati alla struttura originaria.

Le opere in cornici acriliche e quelle realizzata su tessuto di organza, occupano le aree del soppalco, entrambe ci riportano al gioco della percezione visiva, sempre osservate attraverso il concetto della stratificazione. Materiali differenti che, grazie l’osservazione del disegno attraverso le trasparenze proposte dai materiali, illudono in una visione che si sovrappone al segno e al carattere degli spazi dove le opere sono collocate.

Interferenze, sovrapposizioni, dialoghi visivi, collaborazione tra immagini, costruiscono un percorso percettivo in equilibrio tra reale e percepito, l’opera si fonde con le mura della torre e le variazioni di luce offerte dai raggi che le mura penetrano attraverso le poche fonti di luce naturale.

È così che le opere, non necessariamente realizzate per questo specifico luogo, si trasformano in una installazione site-specific per gli spazi della torre campanaria, costruendo un nuovo e differente racconto visivo.

“Luoghi rispecchiati” è l’ultimo atto di questo racconto, non ne è la fine; tratta specificamente del ricordo, di quel montaggio di frazioni di immagini che lo costruisce. L’osservazione d’insieme o delle singole parti agisce sulle nostre emozioni personali, riporta in evidenza a livello emotivo, le nostre personali esperienze, rinnovando il ricordo sopito, attraverso le immagini.

Il “Taccuino esploso” conclude il percorso, un processo inverso, questa volta di esplosione del racconto, conduce ad una stratificazione personalizzata dal fruitore.

È qui che si realizza, che prende vita un nuovo racconto, differente e personale per ogni visitatore che conclude qui la sua visita, ma rinnova e arricchisce l’esperienza emotiva che costruisce il percorso del vivere quotidiano.

Antonella Bosio

-stratificazioni di visioni- Mauro Valsecchi

Nuovo appuntamento, il terzo per il progetto “una Torre per l’arte” nell’estate 2021, in programma per questa occasione espositiva il progetto artistico di Mauro Valsecchi “Stratificazioni di Visioni”, giovane artista milanese con al suo attivo molteplici riconoscimenti e residenze.

Sarà lo scorpione, quale abitante misterioso, riservato e attento, come un custode, che farà da guida in questo percorso che parla di memoria, dei dettagli e delle esperienze che la memoria poi costruiscono.

Durante il tempo necessario a compiere la sua muta, lo scorpione, accompagna e conduce il visitatore in un viaggio spazio temporale, attraverso la percezione dell’immagine, un’immagine che, percepita decomposta e stratificata dalla nostra mente, piccole parti, è tutto quello che resta di ciò che osserviamo, sono frazioni che ci permettono comunque la ricostruzione del ricordo, attraverso e grazie all’esperienza emotiva che ogni singolo frammento in sé conserva.

Tempestati e sollecitati da informazioni, visive e sonore, non siamo abituati a soffermarci sul processo di stratificazione che costruisce i ricordi che custodiamo, non facciamo caso a quali porzioni o quali dettagli, a volte insignificanti, parziali e scombinati all’apparenza, fissiamo nella mente, spesso riposti in modo disordinato e caotico; eppure quando vengono riuniti e ricomposti nel ricordo, quasi lucidamente riprendono vita sotto forma di emozione.

Lo spazio temporale del racconto segue il ritmo della muta di questo atipico custode, lo scorpione, mentre racconta lo scorrere del tempo e si spoglia del suo vecchio abito, ci spiega come strati del ricordo, esattamente come succede nelle sovrapposizioni subite dai luoghi dal passaggio della storia, eventi che si fondono in un racconto complessivo, che include e quasi ingloba i livelli della percezione del singolo frammento, permettendo la costruzione di qualcosa di nuovo, rigenerato pur restando testimone inclusivo della sovrapposizione, stratificata delle singole esperienze.

Il percorso espositivo è un racconto, che vi invitiamo a visitare con calma e attenzione, per godere dei dettagli e dei giochi visivi di trasparenze e sovrapposizione di immagini proposti. Un percorso di memoria che induce al ricordo attraverso le esperienze dei dettagli vissuti.

A.B.

Evento e presentazione a cura di Antonella Bosio

testi critici di Vittorio Raschetti e Benedetta Antonia Salvi

con il patrocinio del comune di Monzambano e Fondazione Città di Monzambano

Inaugurazione venerdì 20 agosto, ore 19.00 (ingresso libero)

Apertura dal 21 agosto al 29 settembre

sabato e domenica dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 18.00

Ingresso € 2.00

Mauro Valsecchi -stratificazioni di visioni-

Statement (o leggete, se vi va, qualche riga di sproloquio dell’artista)

La mia famiglia mi ha insegnato prestissimo a tenere stretti i ricordi. E ricordare significa in qualche modo anche immaginare, ovvero percepire le cose che ci stanno attorno come continue metamorfosi dei nostri pensieri.

La visione è uno strano processo di percezione della realtà, è sensoriale: perché pare arrivare dall’esterno, nello spazio dei fenomeni, ma poi cambia ed entra in noi cominciando a brulicare, crescere e prendere forma con qualcosa che ci è caro, intimo. Il vedere con gli occhi chiusi, socchiusi, con la coda dell’occhio o tra un rapido battito di ciglia, presuppone qualcos’altro: uno spostamento di rapporti tra la rappresentazione di quello che vediamo e l’affetto di cui si carica ciò che abbiamo visto. Non è la cosa vista che conta, ma all’affetto o il sintomo per cui la cosa vista appare o riappare nel pensiero, intensificata nella forma di un’immagine.

Cosa vedo, cosa sento, cosa provo quando percepisco qualcosa? Se la percezione in sé è un provare e un sentire, come vendo ciò che la percezione mi fa provare? Come smettere di prendere la visione per il meccanico riflesso di una esteriorità già determinata o scontata?

Quello che posso raccontare è la mia meraviglia ogni volta che vedo: perché non vedo più la realtà oggettiva delle cose, ma una realtà ignota intorno a me, colma di cose usuali che sono quelle che sono. Nel “De anima”, Aristotele, chiama in due modi le immagini che sorgono dalla mente: phantasma e phantasia, entrambi dal verbo phaino, ovvero “mostrare”. Sono figurazioni che “si mostrano” in noi come un richiamo a percezioni avute o possibili. Queste immagini nella mente sono una combinazione di ciò che abbiamo percepito attraverso i sensi e ciò che opiniamo con l’intelletto. Infatti, la memoria stessa è un portato dell’immaginazione; dunque immaginazione e memoria non sono separabili. Ricordare vuol dire in qualche modo immaginare la cosa ricordata, ripensarla fantasticamente: che la memoria è della stessa sostanza della fantasia era anche l’idea del filosofo Giambattista Vico. Perciò le visioni sono delle combinazioni tra percezione sensoriale, stratificazione mnemonica e trasformazione immaginativa tramite lo strumento del ricordo.

D’altronde è questa la nostra grazia esistenziale: non poter fare a meno di vedere, sentire, ricordare e immaginare per poi tentare di donare le nostre immagini agli altri; e la mia speranza è che gli strati del mio immaginario possano unirsi di continuo ad altri strati, quelli negli occhi di chi guarda, e così via, fino a ricreare un qualcosa di familiare, di collettivo, per poi disperdersi come lamelle di vento nell’aperto mondo.

M.V.