Mostra Ottorino Razzauti pinacoteca Servolini Collesalvetti

Ottorino Razzauti 1881-1976 – Collesalvetti

Ottorino Razzauti 1881-1976

L’espressione trascendente del vero:

dialoghi sull’italianismo artistico

mostra promossa da

Comune di Collesalvetti

a cura di

Francesca Cagianelli

 evento ideato nell’ambito della Fiera di Collesalvetti 2019

 inaugurazione martedì 3 settembre 2019, ore 17.30

APERTURA STRAORDINARIA fino alle 22.30

 PINACOTECA COMUNALE CARLO SERVOLINI

via Umberto I, n. 63 – Collesalvetti

 tutti i giovedì, ore 15.30-18.30

fino al 9 novembre 2019

 info

0586 980256 e 980255

pinacoteca@comune.collesalvetti.li.it

www.comune.collesalvetti.li.it

Si inaugura martedì 3 settembre 2019 alle 17.30 alla Pinacoteca Comunale Carlo Servolini di Collesalvetti (via Umberto I, n. 63), la mostra Ottorino Razzauti (Livorno, 1881-Castiglioncello, 1976). L’espressione trascendente del vero: dialoghi sull’italianismo artistico, promossa dal Comune di Collesalvetti, ideata e curata da Francesca Cagianelli in occasione della Fiera di Collesalvetti 2019 (apertura straordinaria fino alle 22.30).

Confidente di Mario Tinti e protagonista di un inedito e sorprendente epistolario dominato dal mito di una Volterra etrusca, percorsa dagli echi di un eroico e sanguinoso passato, rivisitata alla luce del decadentismo di Paul Bourget e quindi dell’estetismo dannunziano codificato dal Fuoco, Ottorino Razzauti costituisce l’anello mancante di una catena intellettuale che tra il secondo e il terzo decennio del Novecento salda i destini del cenacolo livornese del Caffè Bardi e di quella compagine fiorentina, da Oscar Ghiglia a Gustavo Sforni, da Ardengo Soffici a Emilio Cecchi, determinata a condividere la cruciale battaglia intellettuale nel segno dell'”italianità” artistica.

Motivato da pulsioni di aggiornamento internazionale, Razzauti alternerà nei suoi itinerari culturali i sopralluoghi alle Biennali Veneziane e il fatidico “salto vitale” nella Parigi della Belle Epoque, suggendone idiomi e suggestioni rielaborate alla luce di un intendimento personale, costantemente sorretto da dettami di rigore linguistico e al contempo da un sorgivo slancio emotivo.

Non a caso la produzione razzautiana, ascrivibile in larga parte tra gli anni Dieci e gli anni Trenta, lungi dal cristallizzarsi in una cifra manieristica orientata dalle diverse mode linguistiche, denuncia da una parte la capacità di assimilare in sede paesaggistica quegli aneliti alla religiosità del vero che da più parti si manifestano sull’onda del recupero della poetica fattoriana e della fortuna cézanniana, dall’altra di fondere in sede disegnativa la vibrante modernità della grafica internazionale con l’espressionismo di un Romolo Romani.

Come da un vaso di Pandora fuoriescono infatti verità nascoste dalla poderosa libreria personale dell’artista, conservata gelosamente dalla nipote Margherita Michetti e dagli altri eredi: dalle testimonianze relative alla consultazione dei capisaldi dell’editoria illustrata parigina, documentata dalla presenza delle edizioni dell’Idéal Bibliothèque, collection illustrée Pierre Lafitte & C., ai ritagli del mensile “Je sais tous”, rivista enciclopledica illustrata, fondata dallo stesso Pierre Lafitte il 15 gennaio 1905.

Intimo amico di Mario Puccini, frequentatore di Gustavo Sforni e Oscar Ghiglia, stimatissimo da Llewelyn Lloyd e cooptato nell’ambito delle strategie commerciali di Mario Galli, Razzauti preferì tuttavia maturare le sue riflessioni culturali e artistiche nella solitudine esistenziale di Caletta, dove si ritira a partire dal 1911, distanziandosi dall’esuberante cenacolo del Caffè Bardi e rinunciando all’occasione di radicarsi nell’entourage dinamico ed emancipato della Firenze primonovecentesca.

Risultano tanto più sorprendenti, se analizzati in controluce rispetto a tale scelta di marginalità culturale, tanto certe sue tavolette risultanti dal misterioso incastro di tessere smaltate e di volumi sintetici, orchestrati sulle note di quell’emozione lirica celebrata da Oscar Ghiglia nei paesaggi fattoriani riprodotti nella monografia SELF del 1913, quanto le coltissime e suggestive caricature di celebrità letterarie, artistiche e teatrali realizzate in larga parte tra il 1913 e il 1914.

Sono in particolare quest’ultime a costituire un traguardo di eccezionale rilevanza nel corpus produttivo razzautiano, in quanto esito tecnicamente raffinato tra rielaborazione autografa del supporto fotografico – prevalentemente cartoline illustrate stampate dai più prestigiosi stabilimenti fotografici dell’epoca, nazionali e internazionali – dal parigino Boyer al ligure Sciutto – e personale interpretazione della grafica internazionale, da Cappiello a Sem, da Käthe Kollwitz a Frank Brangwyin, senza escludere coordinate praghesi, con riferimento in particolare alla personalità di un solitario quale Karel Myslbek, di cui non a caso è conservata nella biblioteca dell’artista la rivelatrice testimonianza del fascicolo di “Emporium” contenente l’articolo a lui intitolato nel 1914 a firma di William Ritter.

Coordinate davvero colte e internazionali, che dischiudono orizzonti inediti di approfondimenti scientifici e ricerche documentarie, a conferma di un Novecento sempre più destinato a identificarsi in uno scrigno ancora socchiuso.

La mostra si protrarrà fino al 9 novembre 2019 (tutti i giovedì, ore 15.30-18.30) e sarà affiancata da un Calendario culturale, promosso dal Comune di Collesalvetti, ideato e curato da Francesca Cagianelli, dal titolo: “Tra Arte e Archeologia: addenda storiografici e documentari”, finalizzato a promuovere l’inedita e versatile personalità di Ottorino Razzauti, incline perfino alle mode archeologiche.