Patrizia Trevisi – Kyklos – Fortezza Spagnola – Porto Santo Stefano – Monte Argentario (GR)
Kyklos – Patrizia Trevisi
Fortezza Spagnola, Piazza del Governatore 85019 Porto Santo Stefano, Comune di Monte Argentario (GR)
La mostra personale “Kyklos – Patrizia Trevisi” è un progetto espositivo site specific che presenta sculture tessili polimateriche in dialogo con il sito e con la mostra di archeologia subacquea “Memorie sommerse” ospitata nella Fortezza Spagnola di Porto Santo Stefano.
Lo spazio non è vissuto come un mero contenitore ma come un “interlocutore”, pronto ad accogliere e predisporre per sua stessa natura all’incontro e all’esperienza con l’arte, l’archeologia, il Mito e la Storia, con l’arte antica Romana e l’arte contemporanea della Fiber Art.
Potenziali destinatari e fruitori dell’offerta culturale e artistica sono sia i turisti italiani e internazionali sia la popolazione locale, per rinsaldare i legami della Terra di Maremma con i culti e archetipi primordiali dei cicli mitologici, tema generatore delle opere di Patrizia Trevisi.
Nasce un confronto in un ritmo espositivo atemporale, nel quale passato e presente convivono in armonia; una dialettica materica che ne sottende un’altra teorica, fra struttura e sensibilità intellettuale, dove la riflessione sull’arte antica fa da contraltare a quella sulla modernità.
Il loro confronto lascia comprendere che non sono in antitesi né di avere confini tra loro ma che da questo rapporto sono generate potenti suggestioni. La forma circolare delle opere rimanda ad un simbolismo complesso di polivalenze semantiche e semiotiche.
Kronos, Artemide, Demetra, Ares rievocano con Uroboros la ciclicità del tempo, dell’esistenza umana e dei cicli mitologici, dai culti solari alla perfezione divina, all’armonia del Creato. Continuano a testimoniare negli abitanti nel territorio di Monte Argentario da millenni la simbiosi con il mito, la Storia e la Natura.
Uroboros
Contrassegnata da netti chiaroscuri che le restituiscono una forte plasticità, Uroboros rappresenta il serpente che si mangia la coda. Divorandosi e nello stesso tempo rigenerandosi continuamente, forma un ciclo continuo di nascita, morte e rinascita. In questa scultura tessile i forti volumi delle spire si annodano in un movimento vorticante. È un moto senza fine che crea instabilità, turbolenza e provoca un vuoto. Una soglia di passaggio, un canale tra passato e futuro, alla continua ricerca di quella perduta unità con il tutto.
Kronos
Quest’opera è la risoluzione e la sintesi tridimensionale della ricerca formale di Patrizia Trevisi condotta nel quadrittico. Il vitalismo delle linee si sviluppa con una forte dinamicità intorno alla forma circolare, gravida di volumi aggettanti. Le costolature a bassissimo rilievo, l’intrigo delle linee ricamate, convergono tutte verso l’apertura centrale, la penetrano e l’oltrepassano in un eterno movimento rotatorio. Soltanto un lato dell’opera contenuto da una tessitura di linee-corde segna una pausa da questo roteare infinito. È la parte che sta corrompendosi; la materia che si disfa e perde forma: una pausa prima di essere di nuovo risucchiata dal quel complesso e intricato vorticare.
Ares
Scultura tessile dai forti volumi plastici, attraversati da un’intricata rete di corde, che come il sistema venoso, percorre in modo caotico tutta la superfice. I volumi imbottiti formano una corazza a enfatizzare il suo portamento marziale. Ares rappresenta l’archetipo del guerriero, agisce, afferma la propria volontà e la propria verità: energia bellica che può trasformarsi in lotta perenne, competitività esasperata, sopraffazione. La figura del ‘guerriero’ esprime così sia la polarità dell’eroe, sia quella del distruttore. La scultura antropomorfa di Ares è un corpo senza pelle; il costato è esposto come i resti della sua simbolica corazza e ci mostra, nell’arroganza del suo incedere, l’insensatezza della volontà di guerra.
Artemide Efesia politeia
Signora degli animali e della natura, divinità cosmica e della fecondità: è qui rappresentata come simbolo del nutrimento. Lo stomaco-grembo materno è ricoperto di seni-capezzoli multipli, che simboleggiavano l’abbondante nutrimento per la sua prole. L’artista, riferendosi ai significati simbolici della dea – dall’accoglienza al nutrimento, dall’affetto al calore materno, dalla sessualità alla bellezza – evidenzia come tutti questi fattori condizionino la donna a livello culturale e morale. La donna che vuole allattare al seno si trova spesso a vivere in conflitto fra il ruolo di donna e quello di madre. Subisce infatti forti pressioni culturali e psicologiche, laddove il seno è visto come oggetto sessuale.
Allattare paradossalmente appare come un uso desueto e improprio: un paradosso a livello fisiologico, considerata la reale funzione delle mammelle. Incurante del valore inestimabile dell’allattamento naturale e del suo valore psicologico e affettivo.
Demetra I
“…un acuto dolore colse nell’animo: le bende, che le chiome
immortali cingevano, lacerava con le sue mani,
si gettava sulle spalle un cupo velo,
e si slanciò sopra la terra e il mare, come un uccello,
alla ricerca. Ma nessuno degli dei
e degli uomini mortali voleva dirle la verità…”
Inno a Demetra, Omero
La dea Demetra eredita per via diretta gli attributi della Grande Madre primigenia: si tratta della Madre del Raccolto, la Signora delle Messi, colei che patrocina le stagioni, i raccolti abbondanti, la fecondità del terreno. Demetra rappresenta l’archetipo che racchiude l’essenza stessa della procreazione e della germinazione, l’istinto della maternità, la forza misteriosa e unica dell’utero femminile di generare vita, di accudire, di fornire nutrimento. In Demetra I gli elementi femminili e maschili confliggono e contemporaneamente si rinforzano a vicenda; in lei l’artista cerca una compresenza feconda degli opposti. In tutte e due le opere la circolarità della forma, oltre a ricordare quella di un antico pane, suggerisce il movimento e l’avanzare della scultura nello spazio e nel tempo.
Le texture create dai cordami e dagli strappi lasciano apparire la sua anima vegetale, il forte richiamo ai vecchi sacchi agricoli enfatizza il suo essere Signora delle Messi e dell’Agricoltura.
Demetra II
Il suo essere Patrona delle Stagioni è evidenziato in Demetra II da una sfera trasparente ripiena di esoscheletri di cicale posta al centro della scultura; rappresenta l’estate che è passata; segna una fine e l’avvicendarsi di un altro tempo nel continuo ciclo della Natura. Demetra I e Demetra II sono rappresentate nella loro furia: la dea è stata tradita e ingannata. La disperazione che segue al rapimento di Persefone la porta a una depressione tale che l’intero mondo inaridisce. Così come genera la vita della natura, Demetra ne determina la sua morte.